Ciao e buon sabato!
Questa è l’uscita numero 73 di S’È DESTRA, la newsletter che racconta protagonisti, idee e storie delle destre in Italia e non solo. La scrivo io, che sono Valerio Renzi, in collaborazione con Fandango Libri.
State leggendo la quarta puntata di Fascismo di silicio, la serie di questa newsletter dedicata al lato oscuro della Silicon Valley e all’avvento dell’amministrazione Trump-Musk. Insomma proviamo a capire che diavolo sta accadendo.
Oggi in particolare proviamo a capire il mindset dei nuovi oligarchi, e perché è un disastro per tutti noi.
Non ho ancora deciso se Fascismo di silicio continuerà nelle prossime settimane o la riprendiamo più avanti, vediamo.
Intanto leggi anche:
Fascismo di silicio #1. Peter Thiel: l'eminenza nera della Silicon Valley
Fascismo di silicio #2. Illuminsmo Oscuro: Curtis Yarvin e Nick Land
Ieri è uscita una mia intervista per gli amici di Diurna Blog.
Ora iniziamo!
Douglas Rushkoff insegna teoria dei media e di economia digitale al Queens College di New York e, in vita sua, ha frequentato per lavoro, per caso e per diletto anche diversi santoni digitali, di più o meno fortunati fondatori di start up, imprenditori visionari e speculatori senza scrupoli (spesso le due categorie coincidono). Più volte questi uomini (perché sono quasi tutti uomini, non a caso), hanno bussato alla sua porta per chiedergli consiglio sulle cose del mondo e su come sarebbe stato il nostro futuro. Da queste frequentazioni ha tirato fuori un libro che racconta la mentalità, o per meglio dire il Mindset dei tecnoligarchi, si intitola Solo i più ricchi. Come i tecnomiliardari scamperanno alla catastrofe lasciandoci qui, e in Italia è edito dalla Luiss University Press.
Rushkoff, che è cresciuto all’interno delle controculture digitali e cyberpunk, nel suo lavoro, spiega cosa è il Mindset che ha plasmato il modo di vedere il mondo di Elon Musk e degli altri:
Il desiderio di fuga della Silicon Valley – chiamiamolo Mindset – spinge però chi lo condivide a credere che i vincenti possano lasciarsi alle spalle tutti gli altri. Forse è quel che volevano sin dall'inizio. Forse la loro volontà di ergersi al di sopra dell'umanità non deriva dal capitalismo digitale, ma ne è la causa, è un modo di trattare il prossimo che risale alle tendenze sociopatiche della scienza empirica, dell'individualismo, del predominio sessuale e persino dello stesso "progresso". (…) Il Mindset, amplificato dalle tecnologie digitali e dalle nuove disparità che esse consentono, rende possibile esternalizzare facilmente i danni inflitti agli altri e induce a desiderare la trascendenza e il distacco delle persone e dai luoghi danneggiati. Come vedremo, il Mindset si basa su uno scientismo del tutto ateo e materialista, che crede che la tecnologia possa risolvere ogni problema, soffre degli stessi bias del codice digitale, ritiene i rapporti umani un fenomeno di mercato, teme la natura e le donne, ritiene che i contributi del singolo non debbano nulla al passato e mira a neutralizzare l'ignoto dominandolo.
Abbiamo già parlato del bunker di Peter Thiel in Nuova Zelanda, aprendo una finestra su quella che nella Silicon Valley è una vera e propria sottocultura, una élite survivalista che si prepara ad affrontare cinicamente il collasso della società che con noncuranza sta causando, andando semplicemente da un’altra parte.
Quello che il libro di Rushkoff riesce a mettere fuoco con chiarezza, è che c’è uno stretto nesso tra le utopie dei tecnoligarchi e il modello di sviluppo capitalista che li ha resi ricchi. Il sogno di Musk, Thiel, Bezos, Zuckerberg e degli altri è quello di agire senza nessun vincolo, ma soprattutto quello di riuscire a estrarre tutta la ricchezza possibile da un territorio vergine, possibilmente in un regime di monopolio o quasi. Nuovi mondi che non sono territori fisici da colonizzare, ma nuovi settori economici creati grazie allo sviluppo tecnologico, dove sono loro a creare le regole. Le soluzioni a ogni problema che propongono infatti partono da un presupposto: fare piazza pulita di quello che c’era prima, senza fare mai i conti con le vite concrete di milioni di persone. La nonchalance con cui Trump vuole trasformare Gaza in una riviera con resort e villette o il pressappochismo con cui Musk sta disarticolando intere agenzie federali vi ricorda qualcosa?
I God Games sono una tipologia di videogiochi strategici, dove i giocatori non hanno spesso un vero e proprio obiettivo da raggiungere per vincere, quanto devono sviluppare all’interno di un ambiente una città o una civiltà, amministrando le risorse e prendendo scelte che portano a esiti differenti. Insomma il giocatore è “Dio”, può far prosperare o distruggere per divertimento quello che ha costruito. Uno dei titoli più famosi di questo genere è SimCity, saga video ludico iniziata nel 1989. Allo stesso modo i tecnoligarchi sognano di agire, con la libertà totale di un dittore, senza nessun contrappeso di potere, figuriamoci il controllo democratico. Le soluzioni per superare l’ancien regime da parte di alcuni ideologi (ne abbiamo parlato qui) che hanno ispirato la svolta a destra della Silicon Valley, non a caso prevede la costituzione di entità statali governata da Ceo eletti da cittadini-azionisti.
Un altro esempio del sogno di costruire luoghi altri dove esperire la libertà totale dell’impresa e dell’individuo, è il Seasteading Institute fondato nel 2008 da Wayne Gramlich e Patri Friedman, e propone di colonizzare gli oceani per sfuggire alla morsa del diritto degli stati e all’oppressione della società. La Convenzione delle Nazioni Unite che regola il diritto del mare, prevede che oltre le 200 miglia nautiche gli stati non abbiano più giurisdizione, e contano solo leggi della bandiera a bordo della quale si naviga. E in questo “vuoto” contano di costruire delle micronazioni a cui uomini davvero liberi potranno federarsi. Dopo più di quindici anni non hanno combinato molto, ma il solito Thiel ci ha messo un bel po’ di soldi e ha sponsorizzato il progetto come una concreta utopia libertariana.
Se la stessa logica la vogliamo applicare all’ossessione per la colonizzazione spaziale degli ultra ricchi, l’idea di andare su Marte sponsorizzata da Musk non ha solo l’obiettivo di occupare e creare nuovi settori di mercato grazie alle risorse pubbliche accaparrate (come nel caso di Starlink), ma anche quella di creare un mondo nuovo dove ricominciare da zero, mettendo un bel po’ di distanza dai casini che accadono sulla terra.
Nel 1979 esce nelle sale cinematografiche Moonraker – Operazione Spazio, un film del della serie di James Bond (Roger Moore) in cui 007 deve fermare Hugo Drax, malvagio magnate dell'industria che vuole riprogrammare l'umanità sterminandola dopo aver lasciato il pianeta con una élite genetica ai suoi ordini. Il suo satellite è un’arca di Noè da cui scatenare il diluvio universale per tramite di un gas nervino. Se i tecnoligarchi non stanno progettando il genocidio dell’umanità, con Drax coltivano lo stesso sogno di costruire una casa per un’élite che potrà decidere da sé le sue regole, vivendo finalmente libera.
Progettare il futuro del mondo giocando a SimCity però ha diversi limiti. Il primo e più evidente è che le esigenze, le vite e i desideri di chi non possiede tutta questa enorme quantità di potere sono irrilevanti, e poi le cose sono molto più complicate di così: non basta premere un comando per esaudire un desiderio, come non basta ricominciare dall’ultimo salvataggio per tentare di nuovo. L’approccio di Elon Musk al potere invece sembra imbevuto da questa trascendenza divina, dalla convinzione di poter trasformare in realtà ogni desiderio solo affermandolo. Un potere che gli deriva dall’incredibile concentrazione di potere economico e politico che si trova nelle mani, ma che non fa i conti con l’esistenza della società, con le possibili resistenze che stanno già insorgendo, e con un sistema molto più complesso della volontà di potenza espressa dal movimento MEGA.
Grazie per queste analisi. Spero che questa rubrica continui perché è interessantissima. E grazie per il consiglio di lettura. Vado a cercarlo