Ciao e buon sabato!
Questa è l’uscita numero 72 di S’È DESTRA, la newsletter che racconta protagonisti, idee e storie delle destre in Italia e non solo. La scrivo io, che sono Valerio Renzi, in collaborazione con Fandango Libri.
State leggendo la terza puntata di Fascismo di silicio, la serie di questa newsletter dedicata al lato oscuro della Silicon Valley e all’avvento dell’amministrazione Trump-Musk. Insomma proviamo a capire che diavolo sta accadendo.
Oggi in particolare proviamo a capire perché stanno tanto fissa con l’idea di andare a vivere su Marte.
La prossima uscita è sabato 22 febbraio: Progettare il futuro del mondo giocando a Sim’s City. Ce ne saranno altre? Sicuramente sì, ma ancora devo decidere bene come e quando.
Leggi anche:
Fascismo di silicio #1. Peter Thiel: l'eminenza nera della Silicon Valley
Fascismo di silicio #2. Illuminsmo Oscuro: Curtis Yarvin e Nick Land
Non perdiamoci di vista. Per qualsiasi cosa la mia mail è valrenzi@gmail.com, ho un profilo su X e uno su Instagram, e da qualche giorno anche su Bluesky e Mastodon.
Mercoledì 19 febbraio invece se siete a Roma possiamo incontrarci a questa bella iniziativa sulla memoria del colonialismo italiano:
Ora partiamo.
Space Revival
Lo spazio non andava più di moda. Quando le sonde Rover sono atterrate su Marte e la NASA trasmetteva i video della superficie del pianeta rosso, diciamocelo ci siamo tutto sommati annoiati dopo pochi minuti. Certo quei veicoli robotici erano fichi, ci hanno regalato il design di Wall-E, e dato un sacco di informazioni sulla superficie marziana.
Oggi, rispetto a vent’anni fa, sappiamo un sacco di cose in più sul pianeta. Sappiamo per esempio che c’è una grande quantità di acqua (anche se congelata). Ma non è questa la ragione per cui oggi siamo tornati a guardare lo spazio con rinnovato interesse, anzi non è questo il motivo per il quale stiamo vivendo uno space revival. La ragione sono invece gli enormi investimenti degli oligarchi del tech nel settore aerospaziale, in particolare Jeff Bezos con Blue Origin e Elon Musk con Space X. La società di Mr X è nata poi con un programma preciso: colonizzare Marte.
Questa settimana, come tutte le settimane, Elon Musk ha postato un sacco di cose su X e, come di consueto, non è mancato qualche contenuto a tema spaziale indirettamente associato alla sua Space X, con paesaggi futuristici e astronavi, e ovviamente paesaggi di Marte completamente antropizzati che sembrano usciti da qualche colossal di sci-fi o videogioco.
Balle spaziali
Ma colonizzare Marte è una prospettiva realistica?
Leggiamo sul sito ufficiale di Space X:
A una distanza media di 140 milioni di miglia, Marte è uno dei vicini abitabili più prossimi alla Terra. Marte è circa la metà in più della Terra rispetto al Sole, quindi ha ancora una discreta luce solare. È un po' freddo, ma possiamo riscaldarlo. La sua atmosfera è composta principalmente da CO2 con un po' di azoto e argon e pochi altri oligoelementi, il che significa che possiamo coltivare piante su Marte semplicemente comprimendo l'atmosfera. La gravità su Marte è circa il 38% di quella della Terra, quindi saresti in grado di sollevare oggetti pesanti e saltare in giro. Inoltre, il giorno è notevolmente vicino a quello della Terra.
La colonizzazione del pianeta rosso è quindi a portata di mano? No, assolutamente no. Ci sono un sacco di problemi ancora da risolvere, anche se la ricerca in numerosi settori sta rendendo tecnologicamente ipotizzabile una missione umana su Marte, e chissà un domani lo stabilire una base umana. Colonizzare il pianeta è invece una prospettiva molto lontana, ogni più piccolo problema da affrontare per immaginarlo ha infatti una grande quantità di variabili tecnologiche e di incognite su questioni che possiamo solo ipotizzare, ma non risolvere finché su Marte non ci saremo davvero.
Ma la narrazione di Space X e di Elon Musk sono sempre caratterizzati da un esagerato ottimismo, con annunci e previsioni che sembrano rispondere a necessità di marketing politico e aziendale che a un sano realismo. È il 29 settembre del 2017 quando Musk interviene all’International Astronautical Congress di Adelaide e la spara davvero grossa, annunciando l’intenzione di inviare nel 2022 le prime due astronavi con un equipaggio umano a bordo e nel 2024 la prima missione di colonizzazione. Siamo nel 2025 niente di tutto ciò è avvenuto come sappiamo.
Cosa serve per andare su Marte
Il piano presentato dal fondatore di Space X otto anni fa è circa quello che è attuale ancora oggi. Si tratta di far decollare un enorme missile che rilasci l’astronave fuori dall’orbita terrestre, per poi riatterrare fare il pieno del propellente necessario per terminare il viaggio, tornare fuori dall’orbita riagganciare l’astronave e dirigersi verso Marte. Terminato il viaggio sarà però necessario riempire nuovamente il serbatoio con un carburante a base di metano sintetizzato direttamente sul pianeta, contando sul fatto che un pieno basterà a tornare sulla Terra essendo l’atmosfera marziana notevolmente più rarefatta. Un’alternativa di questo piano prevede fare una sosta sulla Luna.
E in effetti rispetto al 2017 si sono ottenuti importanti successi su due terreni fondamentali: lo sviluppo di reattori spaziali alimentati da miscele a base di metano hanno fatto grandi passi avanti (nel 2013 i cinesi di LandSpace hanno inviato nello spazio il primo reattore alimentato da una miscela chiamata methalox, composto da ossigeno e metano liquido); Space X ha sviluppato Starship, un razzo vettore completamente riutilizzabile, oltre che il più grande e veloce mai realizzato. Si tratta della stessa tecnologia utilizzata per mettere in orbita i satelliti di Starlink (con vettori notevolmente più piccoli di Starship): il fatto che i vettori siano riutilizzabili è fondamentale per abbattere i costi in questo caso, non solo per renderli moduli abitabili dai coloni marziani.
Quindi ecco, siamo pronti per andare su Marte, ma vale la pena andarci?
Con i soldi nostri!
Una delle caratteristiche dell’industria aerospaziale è che, senza le commesse pubbliche, legate all’esplorazione spaziale quanto alle telecomunicazioni e soprattutto del settore sicurezza e difesa, non potrebbe esistere. E se Starlink ha per la prima volta creato un mercato estremamente remunerativo, lo ha fatto grazie a delle condizioni di mercato sostanzialmente in una condizione di monopolio garantite da infrastrutture e brevetti realizzati grazie agli investimenti statali.
Insomma, quando si parla di spazio, si parla di un sacco di soldi e accaparrarseli vuol dire mettere le mani su molte risorse pubbliche, indirizzare la ricerca e lo sviluppo di applicazioni e tecnologie che hanno possibili applicazioni immediate estremamente remunerative e che possono potenzialmente creare delle condizioni di monopolio.
Per questo l’arrivo di Musk nel ruolo di presidente in pectore della Casa Bianca crea una condizione anomala, in cui decisore politico e attore industriale sono letteralmente la stessa persona, creando una condizione anomala che cambia tutte le regole del gioco.
Come è noto infatti la NASA stava puntando, su deciso impulso della prima amministrazione Trump a tornare sulla Luna con equipaggi umani. Una scelta stimolata anche dalla competizione con nuovi attori delle esplorazioni spaziali come Cina e India. Ma ora le cose potrebbero cambiare. Musk più volte ha affermato che i ritardi rispetto ai programmi spaziali sono dovuti alla burocrazia e ai suoi impedimenti, che è pronto a rimuovere nel suo nuovo ruolo di capo del Doge (Department of Government Efficiency). Il 2 gennaio scorso è stato ancora più esplicito: “Andiamo dritti su Marte. La Luna è solo una distrazione”.
Secondo il giornalista americano specializzato in vicende spaziali David Ariosto, le strade che ha di fronte la NASA sono:
Uno: mantenere la situazione così com’è, riconoscendo che gli Stati Uniti non possono permettersi di finanziare l’Sls o Artemis per competere con le ambizioni lunari cinesi. Due: investire di più nelle risorse necessarie per battere la Cina nella corsa alla Luna, facendo leva sullo Starship e sui programmi della SpaceX. Tre: passare alla strategia dello “scavalcamento”, saltando la Luna e puntando direttamente a Marte come obiettivo principale per il prestigio nazionale.
In questo momento sembra che l’amministrazione sia fermamente orientata verso la terza opzione. Ma come andranno le cose dipenderà tanto dalle sue scelte quanto dalle persone che dovranno metterle in pratica. È qui che entra in scena Jared Isaacman. A dicembre Trump ha detto che vuole questo imprenditore miliardario e astronauta al vertice della Nasa.
È importante ricordare che che Isaacman è socio in affari di Musk e investitore di Space X, in pratica un’estensione della volontà dell’uomo più ricco del mondo.
Il sogno degli oligarchi del tech è quello di creare nuovi mercati vergini dove avere il monopolio, grazie al potere e agli investimenti degli enti statuali. Secondo Ariosto la situazione che si potrebbe creare un domani su Marte non è così dissimile dal potere esercitato sulle colonie dalla Compagnia delle Indie all’epoca dell’apertura delle rotte atlantiche. A dimostrarlo c’è nella licenza d’uso della versione beta dell’app Starlink compare questo paragrafo, anche se sembra più figlio della megalomania di Musk che di una realistica ambizione:
Per servizi forniti su Marte o in transito verso Marte su Starship o altri vettori per la colonizzazione, le parti riconoscono Marte come pianeta libero e accettano che nessun governo terrestre possa vantare un’autorità o una sovranità sulle attività marziane. Di conseguenza ogni disputa sarà risolta secondo princìpi di autogoverno stabiliti in buona fede al momento dell’insediamento su Marte.
Su Marte mandiamoci i padroni
Mirko Daniel Garasic è docente di Filosofia Morale presso l’Università degli Studi Roma Tre. e ha da poco pubblicato Finché Marte non ci separi, un libro che proietta i neofiti come me in una sacco di domande importanti sulle questioni etiche che riguardano i viaggi e la colonizzazione extraterrestre (in particolare marziana), accompagnate da informazioni scientifiche accessibili.
Una delle domande più importanti che ci porta ad affrontare Garasic è quella che ci siamo posti poco fa: investire sulla colonizzazione extraterrestre è una buona idea? Il costo e lo sforzo valgono la pena? E soprattutto: chi ne gioverebbe?
Arrivando alla fine del suo lavoro Garasic ci porta a riflettere sulla necessità di non lasciare la futura esplorazione in mano a una o più Compagnia delle Indie dello spazio:
Da Bezos a Musk, l’impatto – anche strategico e bellico –che questi attori stanno avendo in varie vicende di politica internazionale è senza precedenti. Quale che sia il futuro politico-militare che la comunità internazionale riuscirà a concepire per lo spazio esterno, rimane imperativo non commettere lo stesso errore già fatto in precedenza con Internet e l’IA, ovvero lasciare lo sviluppo di questi nuovi, rivoluzionari territori nelle mani di privati che – per strutturali limiti umani – non potevano e non possono avere l’onere di direzionare l’umanità senza linee guida di riferimento. Lo spazio è la nostra prossima frontiera da potenzialmente conquistare e – come accaduto con la rivoluzione digitale – la “rivoluzione spaziale” cambierà l’umanità in maniera definitiva e drastica. L’umanità non arriverà su Marte in maniera lineare e monolitica: quali saranno i vizi e virtù che ci porteremmo dietro con noi sul Pianeta Rosso è un qualcosa sul quale meditare a fondo, perché sarà difficile poter tornare indietro una volta arrivati lì.
Ma quello che ci dobbiamo chiedere ancora è: ma perché dovremmo voler andare su Marte. Musk continua a insistere nel dirci che ha civiltà un solo pianeta non può bastare ne servono almeno due, mentre nega l’origine antropica dei cambiamenti climatici. Certo la passione della frontiera, l’avventura, la scienza. Ma vivere su Marte non potrà che essere orrendo per la working class. Chiusi in piccole basi, costretti a dipendere per la sopravvivenza dalla tecnologia e da un’enorme quantità di variabili, magari impiegati nell’estrazione di materie prime o al servizio dei padroni della Compagnia che hanno le chiavi del razzo per tornare a casa. Non assomiglierà per nulla ai render delle presentazioni di Space X.
Perché dovremmo impiegare una quantità enorme di risorse per vivere di merda su Marte piuttosto che per vivere bene e meglio una vita piena qui, sulla Terra? Su Marte, se proprio vogliono, ci vadano loro. Soldi, risorse, tecnologie e innovazioni lasciateli a noi, li useremo meglio.