Ciao e buon sabato!
Questa è l’uscita numero 70 di S’È DESTRA, la newsletter che racconta protagonisti, idee e storie delle destre in Italia e non solo. La scrivo io, che sono Valerio Renzi, in collaborazione con Fandango Libri.
Oggi parliamo di Peter Thiel, l’uomo che più di tutti ha contributo alla svolta a destra della Silicon Valley.
L’idea è quella di capire, con l’avvento dell’amministrazione Trump-Musk, cosa sta accadendo negli USA e nel mondo. Ho deciso di mettere a terra un serie intitolata Fascismo di silicio di cui, per ora, oltre a quella che state leggendo, ho programmato tre uscite:
Sabato 8 febbraio: Illuminismo Oscuro: Curtis Yarvin e Nick Land
Sabato 15 febbraio: Perché gli oligarchi sognano Marte
Sabato 22 febbraio: Progettare il futuro del mondo giocando a Sim’s City
Per alcuni sono temi noti da rinfrescare e approfondire alla luce dei fatti e della velocità pazzesca con cui avvengono, per molti altri no.
Intanto vi consiglio, se l’avete persa, di recuperare S’È DESTRA 68: Elon Musk ha scassato la finestra di Overton.
Non perdiamoci di vista. Per qualsiasi cosa la mia mail è valrenzi@gmail.com, ho un profilo su X e uno su Instagram.
Ora partiamo.
Il 10 gennaio 2025 il Financial Times ha pubblicato un lungo editoriale firmato da Peter Thiel, Ceo di Palantir Technologies e tra le figure più influenti della Silicon Valley, che ha contribuito a spingere sempre più a destra negli ultimi dieci anni.
Thiel nel suo articolo (le traduzioni che seguono sono di Google Translate aggiustate da me all’occorrenza), saluta l’avvento della seconda amministrazione Trump come la fine definitiva di un anciene regime ormai tramontato. L’incipit è tutto un programma:
Nel 2016, il presidente Barack Obama disse al suo staff che la vittoria elettorale di Donald Trump "non era l'apocalisse". In base a qualsiasi definizione, aveva ragione. Ma inteso nel senso originale della parola greca apokálypsis, che significa "svelamento", Obama non poteva dare la stessa rassicurazione nel 2025. Il ritorno di Trump alla Casa Bianca preannuncia l'apokálypsis dei segreti dell'ancien regime. Le rivelazioni della nuova amministrazione non devono giustificare la vendetta: la ricostruzione può andare di pari passo con la riconciliazione. Ma affinché la riconciliazione abbia luogo, deve prima esserci la verità. L'apokálypsis è il mezzo più pacifico per risolvere la guerra della vecchia guardia su Internet, una guerra che Internet ha vinto.
Ma di cosa sta parlando Thiel? In poche parole sta offrendo la possibilità alle vecchie élite liberali di confessare i loro peccati, di dire che tutto quello che è circolato in questi anni su siti, podcast, media complottisti di estrema destra è la verità. Che ora è possibile un’epifania che ci faccia ad esempio accettare la verità sul Covid-19, ma anche sugli scandali sessuali e la pedofilia che sarebbero il vero cemento che tiene insieme il cosiddetto deep state.
Thiel cita poi il sui amico e collega (o meglio, dipendente) Eric Weinstein, che dal suo podcast The Portal, ha coniato l’espressione intellectual dark web per indicare un network di accademici, giornalisti, commentatori che si battono ovviamente contro il politicamente corretto, il marxismo culturale etc. Per Weinstein esisterebbe un’epoca pre internet in cui vigeva il Distributed Idea Suppression Complex, abbreviato in DISC, un’epoca in cui “le organizzazioni mediatiche, le burocrazie, le università e le ONG finanziate dal governo delimitavano il dibattito pubblico”. Internet invece ha portato con sé la liberazione da questo stato di cose, e la verità è oggi insopprimibile.
Scrive ancora l’imprenditore sul FT, chiarendo che il 2025 è diverso dal 2016, che ora qualcosa è davvero cambiato:
Il nostro ancien regime, come l'aristocrazia della Francia pre-rivoluzionaria, pensava che la festa non sarebbe mai finita. Il 2016 ha scosso la loro fede storicista nell'arco dell'universo morale, ma entro il 2020 speravano di liquidare Trump come un'aberrazione. Col senno di poi, il 2020 è stata l'aberrazione, l'azione di retroguardia di un regime in difficoltà e del suo sovrano struldbrugg. Non ci sarà alcun ripristino reazionario del passato pre-internet. (…) La politica dell'identità ridiscute all'infinito la storia antica. Lo studio della storia recente, a cui è ora chiamata l'amministrazione Trump, è più insidioso e più importante. L'apokálypsis non può risolvere le nostre lotte sul 1619, ma può risolvere le nostre lotte sul Covid-19; non giudicherà i peccati dei nostri primi governanti, ma i peccati di coloro che ci governano oggi. Internet non ci permetterà di dimenticare quei peccati, ma con la verità, non ci impedirà di perdonare.
La rivoluzione è qui e ora, ma non si manifesterà con il “giorno del cappio”, come sognato dagli estremisti di destra protagonisti dell’assalto al Congresso del 6 gennaio 2020 graziati da Trump appena tornato nello studio ovale, quanto con il disvelamento definitivo delle bugie della sinistra. Strappando il velo di Maya del marxismo culturale, finalmente si potranno dire le cose come stanno senza bisogno di passare per la fase del Terrore che pretende ogni rivoluzione.
(…vogliamo sapere chi ha ucciso Kennedy!!1!!!1)
Il filosofo delle start up con il pallino della politica
Prima di tutti gli altri. Peter Thiel è il pezzo grosso della Silicon Valley che per primo ha attivamente sostenuto la destra americana, contribuendo lungo gli ultimi quindici anni a radicalizzare il discorso politico del GOP. In tempi non sospetti, quando ancora sembrava che capitalismo digitale e democrazia liberale potessero andare a braccetto, per primo ha messo sul piatto un enunciato semplice e trasparente: “Non credo più che la democrazia sia compatibile con la libertà”.
Cinquantotto anni, di origine tedesca, è cresciuto nel Sud Africa dell’apartheid dove il padre lavorava da ingegnere minerario al servizio del Governo (sembra a un programma nucleare segreto). È stato uno dei fondatori di Paypal, poi tra i primi investitori privati in Facebook, investimento che ha fatto la sua vera fortuna. Oggi governa diverse società specializzate in analisi dei dati e un hedge found. Nel 2024 compariva al posto 212 nella classifica delle persone più ricche del mondo, con un patrimonio stimato in 11,2 miliardi di dollari.
Thiel ha scritto un famosissimo libro per startupper. Si intitola Zero to One: Notes on Start Ups, or How to Build the Future arrivato in libreria nel 2015 (in Italia è pubblicato da Rizzoli). Si tratta di un testo a metà tra l’autobiografia e il manuale “per farcela”, dove il fondatore di Paypal dà consigli per essere davvero degli innovatori. L’idea di base è che andare da “zero a uno”, ovvero scoprire un terreno vergine dove dare vita a una nuova accumulazione originaria di capitale, è la chiave per fare una start up davvero di successo. Vedremo meglio nella puntata del 22 febbraio di Fascismo di Silicio che vuol dire tutto questo.
Dicevamo della sua passione per la politica. Thiel è un libertariano: odia lo stato sociale, il governo federale che si impiccia nelle vite dei cittadini e vorrebbe non porre limiti all’iniziativa privata. L’azienda a cui oggi il suo nome è maggiormente legato, la Palantir Technologies si occupa di analisi di dati, in particolare di sorveglianza digitali, con commesse faraoniche dall’esercito degli Stati Uniti. Un apparente paradosso per un paladino delle libertà individuali a ogni costo
Nel 2008 sostiene Ron Paul, anche lui un libertario, alle primarie del Partito Repubblicano. Mentre nel 2012 i suo endorsement va a Mitt Romney. Alle successive primarie punta su Carly Fiorina, decisamente un outsider, per poi spostarsi su Donald Trump. E Trump coglie subito l’occasione di dare spazio al ricchissimo investitore con la passione per la politica conservatrice, tanto da imbarcarlo come consulente.
Nel corso della legislatura però si allontana dal presidente, deluso dall’indecisione sul molti dossier che considera chiave. Così durante la corsa per le presidenziali è uno degli ultimi a saltare sulla nave del Tycoon, riuscendo però a piazzare il suo cavallo vincente: JD Vance è cresciuto in una delle aziende di Thiel, che ne ha poi sostenuto la carriera di senatore e in ultimo la corsa a vicepresidente di Trump.
Ora quindi c’è dentro con tutte le scarpe, con una fiche ben piazzata dentro il cuore dell’amministrazione, dove ha ritrovato il suo socio di un tempo: Elon Musk, anche lui della cosiddetta PayPal Mafia.
PayPal Mafia
L’espressione Paypal Mafia, coniata dalla rivista di affari Fortune per presentare la foto che vedete qui sotto, indica il gruppo di fondatori e dirigente dell’azienda fondata da Musk e Thiel nel 1999, con la fusione di X.com e di Confinity. Il servizio di trasferimento di denaro online era stato inventato propriamente da Confinity di Thiel, poi è arrivato Musk. La società è stata acquistata da eBay nel 2002 per 1,5 miliardi di dollari.
Dei cinquanta dipendenti della società, quasi tutti lasciarono l’azienda nel giro di un paio d’anni, procedendo nell’accompagnare Musk e Thiel nelle loro successive avventure imprenditoriali, o dando vita ad altre start up di successo come Yelp, Youtube, Linkedin. Il gruppo che posò per Fortune insomma è fatto da un gruppo di imprenditori che ha condiviso le stesse origini, e che in larga parte condivide la stessa visione del mondo, oltre a rappresentare una rete di relazione e potere strettissima. Tra i più impegnati in politica c’è nel gruppo, oltre a Thiel e Musk, anche David O. Sacks, che oggi è stato nominato da Trump Presidente del Consiglio dei consulenti del Presidente per la scienza e la tecnologia 2024, un ruolo dal quale si occuperà di Intelligenza Artificiale e Criptovalute. Il presidente, presentando la sua nomina, ha chiarito come Sacks si sarebbe impegnato nella salvaguardia della “libertà di parola online” tenendo “lontani i pregiudizi e lla censura delle Big Tech", oltre che lavorare a “un quadro giuridico in modo che l'industria delle criptovalute” possa “prosperare negli Stati Uniti".
“Il mito della diversità”
Sachs non è però solo uno dei fondatori dei Paypal e un venture capitalist della cricca di Musk e Thiel, è anche la figura che, insieme a Thiel, ha sempre avuto una visione politica molto chiara, e decisamente di destra.
I due nel 1995, quando sono solo due brillanti ex studenti di Stanford e non ancora i Re Mida delle transizioni digitali, pubblicano un libro intitolato “The Diversity Myth. Multiculturalism and Political Intolerance on Campus”. Quando le culture wars erano di là da venire, quando non si parlava di woke né di cancel culture, Thiel e Sacks avevano già indicato il terreno su cui la destra doveva investire: denunciare il “marxismo culturale”, lavorare a spazzare via ogni traccia di cultura egualitaria, minare alle basi le politiche di inclusione ed emancipazione, ridare voce e agibilità al pensiero conservatore a cominciare dalle università. Per farlo già nel 1987 all’università fondano la rivista The Stanford Review, da cui attaccano i primi corsi di gender studies, gli studi decoloniali e le politiche progressiste che vanno affermandosi nel campus. L’obiettivo del marxismo culturale a loro modo di vedere è chiaro: distruggere la cultura occidentale (dei bianchi, in poche parole).
Ora, trent’anni dopo, quello che era un saggio passato tutto sommato inosservato, assume trent’anni dopo tutto un altro valore. Perché era già quasi tutto scritto là (se vi capita leggetelo, non è mai stato tradotto in italiano, si trova i Pdf cercando un po’ o in formato digitale non è una grande spesa, è molto istruttivo spero di tornarci sopra con più attenzione).
Non è un caso nel 2023, quando Thiel ha ritirato il Premio Burke (praticamente il premio al conservatore di destra più meritevole dell’anno), ha dedicato quasi tutto il suo discorso proprio a quel libro e alle battaglia culturale combattute a Stanford tra gli anni Ottanta e gli anni Novanta. Leggendolo si capisce come tutto, alla fine, si riduce tanto per cambiare all’odio per l’uguaglianza sociale e all’anticomunismo. Thiel e Sacks vogliono essere liberi di diventare ricchi oltre l’inimmaginabile, e vogliono che possano farlo solo i bianchi occidentali. Per giustificarlo prende come una parte per il tutto le forme esteriori più discutibili del “politicamente corretto”.
Ecco la parte finale del discorso:
I tipi progressisti, teologicamente liberali, sostenuti dal sostegno istituzionale e intenti a dispensare la loro visione della giustizia sociale, sono diventati simili ai cattivi cambiavalute nel tempio. Negli anni 80 la correttezza politica era qualcosa che i conservatori usavano come epiteto per descrivere gli imbecilli squilibrati di sinistra. Se torni agli anni 70, in realtà era usato da persone molto progressiste come termine di autocompiacimento. Ma se torni agli anni 50 e togli tutte le connotazioni accumulate nel tempo, significava che seguivi le indicazioni di Mosca come membro del Partito comunista con la tessera. L’impulso totalitario, con le sue straordinarie richieste alla coscienza individuale, è insito nella nozione stessa di correttezza politica. Dovremmo pensarci. Lottare per la diversità, in particolare la diversità di pensiero, può essere positivo. Ma chiunque apprezzi la libertà – conservatori, libertari, liberali classici e gli altri – non deve mai perdere di vista la battaglia cosmica contro il comunismo ateo. Il mio obiettivo qui è stato quello di concretizzare tutte queste preoccupazioni, non con lo scopo di fornire risposte, ma di porre domande. Quindi, in conclusione – e questa è una semplificazione, forse una distorsione, ma penso che voi sappiate cosa intendo – sarebbe più salutare che, ogni volta che qualcuno sente la parola “diversità”, pensi al Partito comunista cinese.
Protetto da un bunker
Come forse avrete capito dal nome della sua società più importante, Peter Thiel ha una fissa per il Signore degli Anelli di J.R.R. Tolkien (un Palantir è una gemma elfica di forma sferica che consente di comunicare a grande distanza tra due individui che ne fissano una, una specie di videochiamata della Terra di Mezzo). Ma non è per inseguire i paesaggi del Signore degli Anelli che ha deciso di diventare cittadino Neozelandese.
Il fatto invece è che Peter Thiel ha fottutamente paura di un collasso della nostra società, tanto da decidere di scegliere di costruirsi un lussuoso bunker nel luogo del pianeta, che si trova maggiormente al riparo da pericoli esterni: il paese dei kiwi per l’appunto. Da vero survivor di lusso si è accaparrato un bel terreno e ci ha costruito la sua magione per scamparla alla fine del mondo.
Quella di Thiel per i bunker è una passione che condivide con gran parte dell’élite della Silicon Valley, come ben racconta in un libro divertente e inquietante allo stesso tempo Mark O’Connell Appunti da un’Apocalisse. Viaggio alla fine del mondo e ritorno. Nell’indagine del giornalista inglese spunta anche Thiel, o meglio l’intero quarto capitolo è dedicato alla sua ossessione per la Nuova Zelanda. Scopriamo così che un libro intitolato Sovereign Individual: How to Survive and Thrive During the Collapse of the Welfare State, e che ha conosciuto una certa fortuna per essere annoverato tra i libri che più lo ha influenzato dallo stesso Thiel, individua nel paese dell’emisfero australe il luogo perfetto dove far fiorire uno stato di “individui sovrani”. Dopo il collasso dello stato sociale i due autori William Rees-Mogg and James Dale Davidson, predicono l’avvento di una società retta da corporation, stati nazione aziendali a cui ognuno potrà aderire liberamente (se avrà il denaro per diventarne azionista), governati da un Ceo. Una visione neofeudale su cui torneremo nelle prossime puntate di questa serie.
Insomma Thiel e gli altri non hanno nessuno interesse con il loro potere a trovare una soluzione per salvare tutti, si accontentano di salvare se stessi e i loro cittadini-azionisti.
“Non riuscivo a non prenderla sul personale. Quando leggevo di questi miliardari e di piani per salvare se stessi e il proprio denaro, mentre noialtri bruciavamo, provavo un disgusto quasi viscerale per loro e per il loro sistema che gli garantiva una ricchezza e un potere spropositati”, scrive O’ Connell raccontando la sua ossessione per gli oligarchi tech che cercano un rifugio sicuro in Nuova Zelanda da un mondo sempre più insicuro e pericoloso che stanno contribuendo con decisione a creare.
Come dargli torto? Di questa ricchezza e di questo potere spropositati, è ora che iniziamo a occuparci, perché hanno già cambiato le regole del mondo dove abitiamo anche noi.