Difendiamo la Terra di Mezzo
La destra italiana, J.R.R. Tolkien, una tradizione inventata. Intervista a Wu Ming 4 sulla nuova edizione di "Difendere la Terra di Mezzo".
Benvenute e benvenuti.
L’uscita di oggi (numero venti) è un’intervista Wu Ming 4 sulla nuova edizione di Difendere la Terra di Mezzo (Bompiani). Si parla soprattutto dell’ossessione sviluppata dalla destra italiana per l’opera di J.R.R. Tolkien, e del lavoro di critica attorno all’autore del Signore degli Anelli di cui quest’anno ricorre il cinquantenario dalla morte.
Ma prima facciamo il punto sulla vicenda che ha coinvolto Marcello De Angelis, di cui ho parlato la scorsa settimana.
S’È DESTRA esce ogni venerdì. È realizzata in collaborazione con Fandango Libri, la casa editrice del mio libro Fascismo Mainstream (che si volete accattare per sostenere questo lavoro è cosa gradita).
Extra: alla fine Marcello De Angelis si è dimesso
Martedì 29 agosto Marcello De Angelis ha rassegnato le dimissioni da responsabile della comunicazione della Regione Lazio. Dopo settimane di polemiche iniziate con un post sulla strage di Bologna ha ceduto alle pressioni, quando il caso sulle sue idee si è riaperto grazie a un pezzo che ho scritto su Fanpage.it che parlava di una canzone dal testo antisemita.
Su quanto accaduto ho tirato le somme in questo editoriale, che inizia così_
La destra italiana nei decenni della Seconda Repubblica ha trasformato in regola un doppio registro linguistico e ideologico. Perché c'è quello che si fa e si dice all'interno della proprio "comunità", e quello che si fa e si dice in pubblico. Le dimissioni di Marcello De Angelis hanno infine fatto cadere il velo dell'ipocrisia.
“È davvero troppo tempo che la destra non rilegge Tolkien”
Torna in libreria per la sua terza edizione “Difendere la Terra di Mezzo”, a dieci anni di distanza dalla prima pubblicazione. Visto il tema di questa newsletter è naturale iniziare dal chiederti di riassumere per i nostri lettori “la particolarissima interpretazione dell’opera tolkieniana che ha preso piede in Italia, vale a dire la lettura “tradizionalista” o “simbolista”, accanto alla più diffusa interpretazione confessionale”.
Le cose sono molto migliorate spieghi nell'introduzione. La critica letteraria, ma anche i colossal cinematografici, e il lavoro “dal basso” di molte comunità di lettori e di abitanti della Terra di Mezzo – ovvero coloro che continuano ad alimentare e ad ampliare con storie, racconti e giochi l'universo narrativo di Tolkien – contribuendo a liberare Tolkien e la sua opere da una “nicchia identitaria”. Quanto lavoro c'è ancora da fare?
Non so quanto, ma credo ci sia un lavoro diverso da fare. Oggi non si tratta tanto di redimere dal pregiudizio un autore e un mondo letterario, o almeno non più come prima, quanto piuttosto di intrecciare sempre di più l’approccio accademico e quello del fandom. Si possono produrre riflessioni interessanti a partire sia dalla narrativa tolkieniana in senso stretto sia dall’osservazione partecipante nelle comunità che abitano la Terra di Mezzo. Ci sono dinamiche - belle e brutte - che si vedono agire dentro le comunità e che raccontano la società da un’angolazione particolare. Mi verrebbe da dire che bisognerebbe ambientarci un romanzo… Poi è chiaro che non bisognerebbe stancarsi mai di sviscerare il senso tragico di quelle storie, la loro irriducibilità e perturbanza, contro ogni tentativo di addomesticamento. Intendo dire che è pure giusto rinnovare il senso della narrativa tolkieniana nel secolo che stiamo vivendo e proiettarla oltre la pagina.
Per il cinquantennale della morte di J.R.R. Tolkien il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano ha annunciato la realizzazione di una mostra sullo scrittore inglese che si terrà alla GNAM. Il titolare del Mibact l'ha annunciata sul palco della festa di Gioventù Nazionale, e l'ha definita un “piccolo regalo”, evidentemente per il suo mondo di riferimento. La destra ha solo il Signore degli Anelli tra i riferimenti pop che vuole continuare ad ascrivere al proprio pantheon. Cosa dobbiamo aspettarci da questa impresa divulgativa?
Non credo sia più vero nemmeno che la destra abbia quel romanzo come riferimento. È piuttosto una reverie passatista, un omaggio alla loro storia. Ad appassionarsi a Tolkien negli anni Settanta fu una minoranza dei giovani neofascisti italiani, quelli che organizzarono i Campi Hobbit. La sponda dentro il partito era Pino Rauti, mentre il loro teorico di riferimento era Marco Tarchi, a sua volta importatore da Oltralpe del pensiero di Alain de Benoist, fondatore della Nouvelle Droit francese (ne abbiamo parlato qui ndr), che si poneva in rottura rispetto ai padri “repubblichini”, rappresentati da Almirante e dall’apparato del MSI. Quei giovani provavano a superare il vecchio “Dio, patria, famiglia”, cercando in Tolkien le radici leggendarie e folkloriche dell’Europa, per giocare la riscoperta dell’identità europea contro il bipolarismo Usa-Urss, che dominava lo scenario geopolitico degli anni Settanta. Era un terzismo che ovviamente gettava le sue radici ancora nell’esperienza del nazifascismo continentale, benché la dichiarasse morta e sepolta e ridotta a mero oggetto di studio, ma al tempo stesso si spostava molto più indietro, tuffandosi in una melassa di “europeità” varia, collocabile in un medioevo fumoso, dove la croce celtica poteva comparire sulla vela di un drakkar vichingo e dove, grazie alla fantomatica Tradizione evoliana, si poteva fare la spesa al supermercato dei simboli, mettendo nel carrello quello che si preferiva. Ecco, bisognerebbe ricordare che quella pseudo-ribellione, destinata a soccombere davanti alla contraddizione tra ribellarsi davvero e ubbidire alla gerarchia come valore culturalmente fondativo, venne facilmente repressa dal delfino di Almirante, Gianfranco Fini, destinato a succedergli.
Parliamo di quel Fini che a metà anni Novanta avrebbe poi imposto al partito la svolta liberal-conservatrice e atlantista, per poter entrare nel primo governo Berlusconi. È quello il filum che arriva fino a Giorgia Meloni, la più giovane ministra della storia repubblicana e poi prima donna capo di governo, sottomessa ai diktat neoliberisti e atlantici come chiunque l’abbia preceduta. Insomma, gli estimatori di Tolkien nella destra neofascista vennero ridotti al silenzio nel giro di pochi anni, e la destra di oggi è figlia di un altro percorso politico-culturale, che l’ha portata a integrarsi al pensiero unico dominante. Rispolverare Tolkien oggi da parte di Fratelli d’Italia è niente più che una posa nostalgica. Da premesse del genere dubito che possa uscire qualcosa di interessante. È davvero troppo tempo che la destra non rilegge Tolkien. Tra l’altro la classe politica italiana è talmente screditata da avere ormai il tocco di re Mida al contrario: qualunque cosa tocchi viene trasformato in peggio. Tarchi e soci, nella loro marginalità e aleatorietà, potevano ancora specchiarsi negli hobbit snobbati da tutti, e richiamare su di sé lo stesso ruolo strategico dei più piccoli. Ma l’odierna destra post-fascista di governo non può che essere retorica, vuota, ridicola, come qualunque governo.
In questi dieci anni hai continuato a lavorare a questo testo, aggiornandolo, cesellandolo, sostituendo note e riferimenti e aggiornandolo, e in effetti rimane un ottimo viatico a chi vuole addentrarsi nel mondo della critica sull'opera di Tolkien. Perché “Difendere la Terra di Mezzo” è insieme un testo popolare ed erudito, anche perché si rifiuta di slegare il mondo del fandom da quello della critica che si vuole alta. Ma cosa forse più importante, restituisce i racconti della Terra di Mezzo e dei suoi abitanti alla propria epoca, che è quella vissuta dal loro autore: l'orrore delle due guerre mondiali e la bomba atomica, il boom e il consumismo, strappandola da un un luogo fantastico e senza tempo, inserendola a pieno titolo nella cultura del Novecento.
Nel libro dico anche un’altra cosa. La dicevo già dieci anni fa e la ribadisco ora: mentre il movente delle storie di Tolkien è ben piantato nel secolo di ferro che abbiamo alle spalle, per certi versi quelle storie sono ancora più attuali oggi, nel XXI secolo. È cambiata la catastrofe incombente, non è più il nazifascismo o la guerra nucleare, quanto piuttosto la crisi climatica e ambientale, ma la sensazione che l’Ombra sia ormai troppo estesa per riuscire a fare qualcosa, a fermarla, è un tratto che sta prendendo piede nella percezione diffusa e che induce alla rassegnazione, la stessa di Denethor, per chi ha letto il Signore degli Anelli (o visto il film di Jackson). Tolkien continua a parlarci, a raccontarci il presente, come fanno i classici, appunto. Oggi ci parla della necessità di un ripensamento del modello di sviluppo, dello stile di vita, del modo di produzione, e di una diversa visione della natura vivente. Il modo elfico, quello degli Ent e quello degli hobbit di rapportarsi all’ambiente - differenti tra loro, ma integrabili - alludono a qualcosa che è andato perduto, ma ci ricordano anche che se le cose non sono sempre state come adesso, significa che possono sempre essere diverse.
Mi è rimasto impresso quando raccontavi che nel tuo studio ci sono due foto: una è il viaggio percorso insieme alla comandancia zapatista per il Messico, quando eri una delle monos blancos, l'altra è una mappa della Terra di Mezzo. Quella mappa è ancora lì? E dove ti ha condotto in questa decade?
È tutto ancora lì: i “miei” e le “mie” comandanti, insieme alla mappa della Terra di Mezzo. Come racconta Tolkien, le storie che leggiamo, se sono davvero buone, sono quelle che ci spingono a uscire di casa in cerca di avventure. La nostra vita è tutta lì, tra la storia e la strada. Quando torni, come Bilbo, come Frodo, ti metti a scrivere il racconto delle tue avventure, che a sua volta ispirerà i viaggi e le avventure di qualcun altro.