Alain de Benoist for dummies
L'intellettuale francese citato dal ministro Sangiuliano che per la destra destra è un punto di rifermento imprescindibile, ma che al grande pubblico dice poco o niente.
Benvenute e benvenuti alla sesta puntata di S'È DESTRA, la newsletter che ogni venerdì racconta l'Italia al tempo del governo della destra destra. Un progetto sostenuto da Fandango Libri, che ha edito anche il libro Fascismo Mainstream dove tornano molti dei temi che affronteremo.
La scorsa settimana sono stato alla kermesse “Ripensare l’immaginario italiano. Stati generali della cultura nazionale”, un appuntamento di cui si è parlato molto e dove la destra di Giorgia Meloni si è organizzata per dare l’assalto a quella che considerano l’ultima casamatta della sinistra: la cultura. Quello che ho visto e sentito l’ho scritto qua, mentre qua c’è un video che racconta l’appuntamento tra il Bagaglino e Realtà del collega Marco Billeci.
Nel suo discorso all’appuntamento romano il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano ha citato un solo autore vivente: Alain de Benoist, felicitandosi per la sua presenza al Salone del Libro di Torino (a suo modo di vedere un segnale che le cose stanno cambiando e la destra si prende i palchi che merita).
Posto che de Benoist ha delle posizioni sulla guerra in Ucraina che dovrebbero mettere in difficoltà il mondo di Meloni (ne ho parlato qua), mi sono reso conto che un pensatore che è un punto di riferimento per la destra che oggi è al governo è un nome misconosciuto per il grande pubblico. Per questo ho deciso di provare a spiegare perché è così importante, e come l’autore francese sia stato recepito in Italia.
Ma ora iniziamo.
Se ancora non l’hai fatto:
Dal neofascismo alla Nouvelle Droite
Alain de Benoist nasce l’11 dicembre del 1943 a Saint-Symphorien, piccolo francese della Gironda nella Francia Sud-Occidentale.
Tra il 1961 e il 1966 cresce nelle formazioni della destra neofascista, tra eredi di Vichy e reduci della guerra sporca in Algeria. In particolare milita nella Fédération des étudiants nationalistes (FEN). Sono gli anni in cui l’impegno di questo ambiente è segnato soprattutto dal tentativo di elaborare la sconfitta del tentativo di fermare il processo di decolonizzazione in Algeria, culminato con la sanguinosa campagna di terrorismo dell’OAS, e l’elaborazione di un nuovo nazionalismo di stampo europeo.
De Benoist fa il suo apprendistato politico dedicandosi soprattutto all’attività pubblicistica. Sono testi piuttosto canonici, intrisi di nazionalismo, razzismo suprematista e anche antisemitismo. È soprattutto nel passaggio per Europe Action che comincia a definirsi - sotto la guida di Dominique Venner - alcuni temi che diventeranno patrimonio condiviso della destra radicale fino ad oggi, a cominciare dal terrore per “l’invasione” e la crescita demografica dei popoli “non bianchi”.
Mentre per le strade di Parigi le barricate del maggio 1968 cambiano il mondo per sempre, nasce il GRECE- Groupement de recherche et d'études pour la civilisation européenne, per iniziativa di alcuni militanti e intellettuali neofascisti. Tra loro c’è Alain de Benoist che ne diventerà da subito il principale animatore.
È qui che viene messa a punta la strategia metapolitica, ovvero l’idea di lavorare a una ridefinizioni dei temi politici della destra tramite una strategia prima di tutto culturale. Da una parte c’è il bisogno di prendere le distanze progressivamente da una militanza isolata dalla società e dalle rissose dinamiche delle piccole sigle neofasciste, dall’altra quella di elaborare gli strumenti nuovi per affrontare la contemporaneità.
In questo contesto avviene la fortunatissima rilettura di Antonio Gramsci da destra. La nozione di egemonia elaborata dal comunista italiano, il cui pensiero continua ad avere risonanze feconde soprattutto nei paesi del Sud globale, viene presa in prestito dal GRECE per mettere a punto la propria strategia: dettare l’agenda pubblica con una rielaborazione delle posizioni di estrema destra, portandole nei media, nei giornali, nel dibattito culturale. Nasce quella che viene comunemente chiamata Nouvelle Droite.
La Nuova Destra in Italia
In questa prima fase della storia della Nouvelle Droite, i contatti con i camerati italiani saranno piuttosto intensi. Prima di tutto perché nel nucleo originario del GRECE c’è Giorgio Locchi, di dieci anni più grande di de Benoist e per trent’anni corrispondente da Parigi del quotidiano Il Tempo. Poi perché a partire dagli anni Settanta arriveranno gli echi di quello che accadeva in Francia, con l’interesse di una nuova generazione di militanti missini stanchi dell’ambiente polveroso e sepolcrale delle sezioni di partito.
La Nuova Destra italiana si ritrova attorno alle riviste Elementi e Diorama Letterario (tutt’ora edita) e al politologo Marco Tarchi, che sarà espulso dall’Msi per un articolo in cui dileggiava i vertici del partito su La Voce della Fogna, il foglio satirico il cui personaggio iconico era il Rat noir, preso a prestito sempre da un francese, Jack Marchal recentemente scomparso. Dalla spinta della Nuova Destra dentro il Fronte della Gioventù nascerà anche l’esperienza dei Campi Hobbit, dove i militanti neofascisti si misuravano per la prima volta con il tentativo di fare concorrenza alla sinistra rivoluzionaria sul terreno della cultura alternativa a cominciare dalla musica.
Il successo
Quella del GRECE sarà una lunga traversata nel deserto lungo tutti gli anni Settanta, quando tramite riviste come Éléments e Nouvelle École, e gli incontri e i seminari periodici i bagaglio ideologico proveniente dal fascismo storico trova una nuova sintesi per essere spendibile nel mercato politico democratico e tentando di offrire risposte ai nuovi problemi posti dal mondo globale.
Poi arrivano finalmente i fantastici anni Ottanta. De Benoist e altre figure della Nouvelle Droite trovano casa a Le Figaro-Magazine. La società civile e molti intellettuali fanno partire una campagna per isolare il GRECE nel tentativo di ristabilire un cordone sanitario. Da qui de Benoist e gli altri sfruttano tutti gli attacchi che ricevono, sintetizzabili nell’accusa di essere solo dei fascisti camuffati, per ribadire le loro ragioni che vanno, ovviamente, oltre la destra e la sinistra.
Primo obiettivo dei neodestri è acquisire una nuova cittadinanza nel dibattito pubblico, far cader la pregiudiziale antifascista sugli intellettuali di destra, ribaltare lo stigma, diventare loro vittime di un sistema che li esclude e non li vuole far parlare. Denunciano un nuovo “pensiero unico” dominato dalla sinistra e dal politicamente corretto. Secondo obiettivo è quello di rompere quella che viene rappresentata come l’asfissiante cappa del marxismo culturale sui giornali, i media, il cinema, il dibattito pubblico.
Argomenti che sono pane quotidiano per chi oggi, più di trent’anni dopo, si interessa del dibattito pubblico, e che sono stati ormai interiorizzati dalle destre populiste e sovraniste in tutto il mondo.
Dal razzismo biologico al differenzialismo
La ribalta di de Benoist e del GRECE arriva durante la prima esplosione di consensi del Front National, sull’ondata di xenofobia che accompagna i pesanti processi di ristrutturazione e deindustrializzazione. Nella disarticolazione della politica legata alla centralità della classe operaia e della fabbrica, il GRECE si fa trovare pronto proponendo un argomento molto più potabile nel discorso pubblico che non il vecchio razzismo biologico: il differenzialismo.
Ridotta all’osso l’idea è che ogni popolo (coincida o meno con una dimensione nazionale) abbia il diritto di esprimere le proprie tradizioni, costumi, istituzioni nel proprio spazio di sviluppo naturale. Quello che si presenta come un relativismo radicale, nasconde l’altra faccia della medaglia: la difesa dei popoli indigeni la cui identità sarebbe messa a rischio dai fenomeni migratori. La differenza va valorizzata rifiutando l’omologazione che la globalizzazione a guida americana vorrebbe imporre ovunque.
È dalla costruzione di un discorso mimetico che la Nouvelle Droite inaugura un metodo: il tentativo di legittimazione dei propri argomenti invadendo lo spazio retorico e ideologico di quello che dovrebbe essere l’avversario. Per questo cercano costantemente confronti e alleanze con le forze politiche, i giornalisti, gli esponenti della cultura della sinistra mainstream. Ma lo stesso lavoro verrà fatto con le ragioni dell’anti imperialismo e dei movimento alterglobalista.
Un pensiero anti egualitario
Alain de Benoist è stato abile a fare della sua figura a volte un enigma, a volte un caso mediatico. Che sia un fascista mascherato o abbia davvero superato i vecchi “steccati ideologici”, poco importa. Certo un indizio potrebbe essere a ben vedere come tutti i suoi testi siano pubblicati in Italia solo da case editrici “dell’area”.
Ma quello che ci preme qui sottolineare è come de Benoist abbia contribuito a costruire un nuovo pensiero anti egualitario ancora lungo tutti gli anni Novanta e Duemila. Il differenzialismo serve prima di tutto a questo: a naturalizzare le differenze, tramite la cultura e il suo legame con il loci, laddove i vecchi argomenti razzisti non sono più utilizzabili. Ma le differenze vengono naturalizzate non solo tra popoli, culture, civiltà, ma anche all’interno della stessa società.
Il grande nemico di de Benoist, con il multicuralismo Usa, è il cristianesimo: all’egualitarismo del messaggio della chiesa contrappone i modelli di società divise in caste e il loro funzionamento organicista (non allontanandosi molto dal vecchio tradizionalismo evoliano). Il germe del socialismo e della lotta di classe è lì, nel monoteismo cristiano a cui contrappone quello che chiama neopaganesimo, buono più come argomento intellettuale che come proposta politica.
La destra destra italiana e Alain De Benoist
Con l’ascesa della destra destra in Italia Alain De Benoist sembra trovare nuova fortuna nel nostro paese. Nella fase del Matteo Salvini tutto ruspa e blitz contro gli immigrati il Capitano incontra il filosofo francese in un dibattio organizzato dal think tank Il Talebano coordinato Vinceno Sofo, all’epoca giovane consigliere di zona 6 a Milano per la Lega Nord. È il 2014 e il filosofo francese arriva a benedire il leader della nuova Lega sovranista, che in quella fase attrae molti dirigenti della destra italiana in cerca di una nuova casa, quanto i gruppi più radicali e molti commentatori e intellettuali dall’area che scommettono sulla crescita di consensi della Lega fino alle elezioni del 2018.
Oggi lo scenario è del tutto cambiato: la destra è tornata a casa, i consensi garantiti da Giorgia Meloni assicurano un futuro roseo a tutti, e lo stesso Vincenzo Sofo dopo essere sbarcato all’europarlamento con la Lega ha cambiato casacca per Fratelli d’Italia. Così Alain de Benoist tornerà in Italia a maggio, questa volta al Salone del Libro di Torino, come segnale che anche la casa della “sinistra radical chic” non è più inviolabile. A intervistare de Benoist sarà l’agit prop filo governativo Francesco Giubilei, che è anche consulente del ministro Sangiuliano, con lo sponsor della Regione Piemonte. Di cosa si parlerà? Della “scomparsa dell’identità”, ovvio.