
Ciao e buon sabato!
Questa è l’uscita numero 81 di S’È DESTRA, la newsletter che racconta fatti e idee delle destra in Italia e nel mondo. La scrivo io, che sono Valerio Renzi, in collaborazione con Fandango Libri.
La settimana scorsa abbiamo iniziato ad approfondire il rapporto tra ambiente, crisi climatica e destra italiana. Oggi continuiamo a parlarne a partire da una piccola polemica finita sui giornali, e dalla passione di leghisti e postfascisti per McDonald’s.
Qualche settimana fa alla Redazione di Scomodo sono stato ospite del podcast di Joe Casini Mondo Complesso. È stato divertente, questo è quello che uscito fuori:
Per non perderci di vista: la mia mail è valrenzi@gmail.com, ho un profilo su X e uno su Instagram, su Bluesky e Mastodon. S’È DESTRA è anche un canale Telegram per tutte le cose che non stanno in una newsletter settimanale.
Iniziamo!
Il 20 aprile del 1986 apre i battenti il primo McDonald’s di Roma. Il fast food viene inaugurato nei locali che furono del ristorante Rugantino a Piazza di Spagna. La novità porta con sé diverse reazioni ostili. Tra queste c’è anche un vero e proprio happening capitanato da Claudio Villa. Tra gli altri partecipano l’assessore alla Cultura Renato Nicolini, e poi ci sono Luciano De Crescenzo e Giorgio Bracardi. Si fa vedere anche Valentino, indignato di quello sfregio al salotto buono della città. Dall’altra parte i paninari si mettono in fila per fare il loro ordine: l’evento, secondo alcune stime, richiamerà 4.000 persone tra curiosi di assaggiare quei panini americani visti soli in tv, ed entusiasti della nuova moda.
Tra gli oppositori c’è anche un manipolo di militanti del Fronte della Gioventù che ai presenti offre italica e romana pasta all’amatriciana contro l’invasione yankee. Lo ha ricordato qualche giorno fa il vicepresidente della Camera Fabio Rampelli (in una delle prime uscite di questa newsletter ne ho fatto un ritratto, che potete recuperare per inquadrare il personaggio).
L’occasione di resuscitare il ricordo di quel sit-in, non è stato un momento di amarcord con vecchi camerati dei bei tempi che furono (sono passati quarant’anni), ma la polemica per l’assenza di Rampelli - che non è passata inosservata - a un convegno alla Camera in cui era atteso, che celebrava proprio McDonald’s nella giornata del… Made in Italy!
Ecco quanto ha affidato Rampelli alle agenzie di stampa:
Nella giornata dedicata al Made in Italy, del quale la nostra enogastronomia è la punta di eccellenza, meritata e riconosciuta in tutto il mondo, si è svolto alla Camera un convegno sulla ‘ristorazione informale’ ovvero la storia, i successi, le metamorfosi di McDonald’s in Italia. Avrei dovuto partecipare ma impegni imprevisti non me lo hanno consentito. Quando aprì McDonald’s nel centro storico di Roma, prima in Corso Vittorio e poi piazza di Spagna, non potevamo restare semplici osservatori di quello che a suo tempo consideravamo una profanazione. Erano gli albori della globalizzazione, internet era ancora uno strumento ultraelitario, i cellulari ancora non esistevano. Nei rioni e nei quartieri esistevano le trattorie, le osterie, le pizzerie e tutt’al più le tavole calde, una delle tante grandi tradizioni gastronomiche purtroppo in via di sparizione. Non potevamo come Fronte della Gioventù assistere inermi al varo del metodo ‘fast food’, il cibo veloce consumato in piedi e deprivato della socialità. Nel cuore della Capitale. Il giorno stesso dell’apertura, organizzai un’iniziativa - oggi sarebbe chiamata flash mob - nella quale si distribuiva gratuitamente pasta alla amatriciana, a difesa della cucina e della cultura italiana, al posto del “big Mac”. Non ho cambiato idea da allora, ma sono felice che l’abbia cambiata proprio la multinazionale americana, convertendosi al cibo locale, ai prodotti italiani, alle eccellenze nostrane e immettendo negli arredi piccoli tavoli comunitari. Non più cibo di scarsa qualità, veloce e in piedi, ma contaminazione nostrana. Del resto nel cibo e nella socialità abbiamo un primato indiscutibile.Una scelta intelligente e apprezzata che ha consentito alla società di trovare in Italia un mercato che negli Stati Uniti perdeva il suo fascino. Ma la trasformazione è a metà… a quando biogastronomia di qualità, personale ben retribuito e bucatini all’amatriciana? Magari invitando gli amici a pranzo dal Sor Donaldo… Complimenti comunque per i risultati raggiunti.
I leader dei Gabbiani, ormai ultima timida voce dissonante in un partito intruppato dietro la premier, non ha alla fine rinunciato a vestire i panni di quello più di destra degli altri. Ma la verità è che l’alleanza tra i sovranisti italiani e la multinazionale americana simbolo della globalizzazione dei costumi e del gusto, non è per niente fatto che deve sorprenderci.
Il convegno alla Camera si è svolto “su iniziativa”, come si dice in questi casi, del deputato leghista Luca Toccalini e con la partecipazione della vicepresidente dell’europarlamento, la meloniana Antonella Sberna. È stata l’occasione per i vertici italiani dell’azienda per snocciolare numeri trionfalistici, incassi rosei e una previsione di crescita da urlo. Risultati ottenuti anche per essere intervenuti sul mercato proponendo una scelta “italiana” nel menù. Accanto ai grandi classici e intramontabili, dal 2008 la catena di fast food ha stretto ben 22 contratti con altrettanti Consorzi di Dop e Igp, tirando fuori nuove ricette tra carni, formaggi e salse dal sapore “italiano”. Una scelta di narrazione certo, ma anche una realtà industriale che fa di fatto di McDonald’s un terminale importante per l’industria agroalimentare italiana, in cui è perfettamente integrata: polli e uova sono di Amadori, le carni di manzo di Cremonini, il caffé di Ottolina e il bacon dai Fratelli Beretta. D’altronde il rapporto con l’industria alimentare italiana viene dal lontano: nel 1996 McDonald’s Italia acquista Burghy, la catena di fast food di Cremonini con un accordo che prevede non solo la cessione degli 80 ristoranti allora attivi in tutta Italia, ma soprattutto mettendo sul piatto per il marchio modenese che le carni per gli hamburger sarebbero arrivate dai loro stabilimenti.

Se McDonald’s non sarà una bandiera del made in Italy, inteso come style of life, lo può benissimo essere però per un settore, come quello agroalimentare, che è sempre più organico ai partiti di centrodestra. E tutto questo avviene con la benedizione della politica, che dalla fine degli anni Zero sponsorizza con il logo ministeriale i panini “made in Italy”.
Ligio all’educazione impartita a Colle Oppio da Fabio Rampelli, il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida ha detto che da ragazzo non andava da McDonald’s. Ma oggi, da grande e navigato uomo di uomo e politico esperto qual’è, ha capito che il fast food americano non è mica il male. Anzi si tratta di un marchio che “aiuta i prodotti alimentari italiani d’eccellenza”, e di più ancora si occupa di fare una vera e propria educazione ai prodotti italiani, aiutando “i ragazzi a conoscere sapori che magari non avrebbero mai provato”. È l’aprile del 2024 quando Lollobrigida pronuncia questo discorso, presenziando all’inaugurazione del ristorante numero 700 della catena. Con lui c’è anche Ettore Prandini, Presidente di Coldiretti, che sottolinea come “McDonald’s rappresenta l’italianità, le nostre eccellenze, la nostra biodiversità”. Addirittura!

Ma anche l’amore di Coldiretti per il Mac non deve stupire: già nel 2023 Coldiretti aveva siglato, con la benedizione del governo, un accordo che sostiene di avere al centro “la sostenibilità”, “il benessere animale” e la “biodiversità”. Arriva puntuale la risposta di Slow Food, che pur rendendosi conto che “l'accordo tra la principale organizzazione agricola nazionale e la più grande catena mondiale di ristoranti di fast food può avere una valenza commerciale importante e può dare risposte economiche a realtà produttive che attraversano momenti di crisi”, il significato delle parole non può essere stravolto. Per esempio “biodiversità”: "La biodiversità è la diversità delle specie e delle varietà vegetali, delle razze animali; degli insetti impollinatori, dei microrganismi che rendono vivo il suolo, dei saperi che stanno alla base di migliaia di pani, formaggi, salumi… È la diversità della vita, probabilmente l’unica ricchezza che ci permetterà di affrontare la crisi ambientale e climatica. Non c’entra nulla con operazioni di marketing per italianizzare, con l’aggiunta di ingredienti locali, una formula gastronomica che rappresenta quanto di più standardizzato l’industria alimentare globale abbia mai concepito".
Parole nette quelle dell’associazione fondata da Carlo Petrini, che sottolinea anche come l’Italia, pur vantandosi della sua dieta Mediterranea, è al quarto posto in Europa per obesità infantile, e vedere le istituzioni che invitano a consumare al fast food non è proprio un granché per promuovere l’educazione alimentare dei più giovani.
Insomma il sostegno della destra italiana al McDonald’s sovranista, è legato a doppio filo al rapporto con le associazioni di categoria del settore (di cui parleremo nella prossima uscita), e quindi alla battaglia senza quartiere alle politiche di riconversione ecologica, che vorrebbero per esempio mettere limiti al modello di allevamento intensivo e all’agricoltura intensiva. Associare il “made in Italy”, il mangiare bene e sano, al McDonald’s è una operazione di marketing strategica, utile a sostenere con un’operazione di identificazione altrettanto forzata, che la “tradizione” si trova oggi nei grandi complessi industriali che si occupano di trasformare animali e piante in cibo.
Sarà sempre troppo tardi quando i partiti di opposizione usciranno dall'ambiguita sulla carne coltivata, rendendosi finalmente conto che è la più radicale battaglia progressista del nostro tempo.