Il gabbiano
Storia di Fabio Rampelli da Colle Oppio. Il leader messo da parte dalla Generazione Atreju.
Benvenute e benvenuti alla terza puntata di S'È DESTRA, la newsletter che ogni venerdì racconta l'Italia al tempo del governo della destra destra. Un progetto sostenuto da Fandango Libri, che ha edito anche il libro Fascismo Mainstream dove tornano molti dei temi che affronteremo. Oggi un lungo ritratto di uno dei protagonisti della destra destra italiana: Fabio Rampelli.
Se ancora non l’hai fatto:
Ci hanno seppellito ma eravamo semi. Oggi è l'anniversario dell'eccidio delle Fosse Ardeatine. Qui un thread che ho fatto su Twitter in cui si racconta chi sono stati gli amici e i protettori di Erich Priebke. E un link per ricordare i 335 martiri trucidati dai nazifascisti.
Qui invece potete ascoltare una puntata registrata con gli amici del podcast Ragù, con cui abbiamo parlato tra le altre cose anche di questa newsletter:
Spalle larghe da nuotatore, fisico possente e occhi azzurrissimi, mascella prominente e cranio lucido e calvo. Quando scende dallo scooter con cui si muove per le strade della capitale e si toglie il casco, Fabio Rampelli non può che incutere un po' di timore. Gli occhiali tondi all'Harry Potter che gli incorniciano il volto da qualche tempo lo rendono giusto un po' più benevolo. Un'impressione che dura giusto qualche secondo, giusto il tempo di sentirgli fare dichiarazioni come questa:
Se due persone dello stesso sesso chiedono il riconoscimento, e cioè l'iscrizione all'anagrafe, di un bambino che spacciano per proprio figlio significa che questa maternità surrogata l'hanno fatta fuori dai confini nazionali
Per citare solo l'ultima in ordine di tempo, qualche giorno fa.
Il corsus honorum nelle istituzioni di Rampelli inizia nel 1993, da consigliere comunale quando Fini sfiora l'elezione a sindaco, poi la Regione Lazio per tre mandati e nel 2005 l'ingresso in parlamento. Nella scorsa legislatura capogruppo di Fratelli d'Italia e poi vicepresidente della Camera, ricopre anche oggi lo stesso incarico.
Da Fratelli d'Italia dal giorno uno (a suo dire anche la paternità del nome sarebbe la sua), primo mentore politico di Giorgia Meloni, è rimasto però tagliato fuori per volere della sua ex pupilla dalle cariche che contano. Per lui non un posto da ministro, non la candidatura a sindaco di Roma né a governatore della Regione Lazio.
La Generazione Atreju che lui ha tenuto a battesimo in politica oggi lo ha escluso dalle poltrone che più contano. Ma Fabio Rampelli invece di sgomitare e sbattere i pugni tiene la posizione, non tanto perché è convinto che arriverà il suo momento, quanto perché è quello che ha fatto per tutta la vita.
Colle Oppio
Fabio Rampelli è allo stesso tempo dicevamo uno degli artefici della scalata di Fratelli d'Italia ai vertici della politica italiana, e in definitiva uno dei grandi esclusi dalla sua ex pupilla Giorgia Meloni. A lui sono legati alcuni dei topos narrativi sulla discesa in politica della premier, citati e stracitati ogni qual volta bisogna tratteggiare una veloce biografia perché tra la Garbatella e la politica nazionale in mezzo c'è sempre un passaggio fondamentale Colle Oppio, che per la destra post fascista non è solo un topo geografico romano, ma ha un punto di riferimento mitico e irrinunciabile.
Alleanza Nazionale funzionava che c'era con un solo capo amato e odiato, Gianfranco Fini, e poi i colonnelli che ciclicamente cadevano in disgrazia al capriccio dell'inamovibile leader per poi essere riabilitati. A lui d'altronde tutti dovevano tutto, essere passati dalle polverose sezioni missine a spartirsi alle stanze del governo. Alla fine il bagno nell'acqua di Fiuggi aveva fatto comodo a tutti, anche ai più recalcitranti.
Fabio Rampelli non è stato un colonnello, ma uno che a quelle sezioni polverose è rimasto attaccato, convinto sempre che la sua fortuna fosse legata a doppio filo a quella della sua comunità. Non importa quanto in alto si poteva arrivare, la base del suo successo non poteva che essere tenere intruppati i suoi, dalle file della militanza giovanile fino ad arrivare a occupare le poltrone nelle istituzioni.
Le affissioni, gli scontri con i compagni, le riunione fiume, i volantinaggi all'alba fuori le scuole. Tutto questo fa parte della mitopoiesi e dell'autonarrazione di Fratelli d'Italia, di una destra che troppo a lungo è convinta di aver pagato lo scotto di non essersi mai definita antifascista. Essere pochi contro molti, isolati ma uniti, aver scelto la politica per vocazione e non per interesse etc. Tutto questo è condensato nella sezione di Colle Oppio, che il mito vuole essere stata la prima sezione del Movimento Sociale Italiano, affittata nel 1946 da un gruppo di reduci di Salò. Buia e umida, quasi catacombale, in mezzo dale vestigia di Roma antica.
A partire dagli anni Settanta diventerà un punto di riferimento soprattutto per la militanza giovanile. E a metà degli anni Ottanta Fabio Rampelli ne diventa il responsabile. Negli anni Novanta è il punto di riferimento di tutti quelli che non vogliono dismettere il primato della militanza e i riferimenti della destra postfascista.
E da qui passa anche una giovanissima Giorgia Meloni, che proprio Rampelli decide di lanciare nell'agone politico, dopo averne seguito i passi come portavoce nazionale di Azione Studentesca:
Nel 1998 l’ho scelta perché era irriverente e insieme dolce, e si prestava perfettamente a sdoganare l’immagine del militante di destra duro e puro, quello con la mascella volitiva e la testa rasata. Con lei alle provinciali passammo dalle ultime posizioni alle prime: un miracolo!
Ed è sempre Rampelli ad essere determinante due anni dopo, per portare all'elezione a presidente di Azione Giovani della sua pupilla. In una riunione che si tiene proprio a casa si mette a punto la strategia, che prevede l’alleanza con la componente di “Destra Protagonista” di Maurizio Gasparri. L’organizzazione giovanile di An va a congresso a Viterbo, predestinato alla vittoria sembra essere Carlo Fidanza, il candidato milanese dei “sociali”, la corrente di Alemanno e Storace, ma Meloni vince di una manciata di voti.
Oggi la sede di Colle Oppio è chiusa. La Polizia Locale ha ripreso possesso dei locali di proprietà comunale, al pari di quelli di altre sedi di partito, perché il contratto di locazione era scaduto nel 1972. Quel 1 novembre del 2017 c’è tanta rabbia che attraversa generazioni diverse, l’ordine però è di stare fermi, di non rioccupare la sede. Nonostante tutto Colle Oppio continua a essere un punto di riferimento: le riunioni si tengono all’esterno e l’estate Rampelli chiama a convegno i suoi per alcuni giorni di festa. La convention si chiama “Il richiamo del corno”, il riferimento è ovviamente ancora una volta al Signore degli Anelli.
I Gabbiani
Con il salto alla politica nazionale Giorgia Meloni prosegue il suo percorso, bruciando le tappe della politica, mentre il suo primo sostenitore sembra arroccarsi nel suo feudo romano. Si ritroveranno con Rampelli fianco a fianco nella scelta di fondare Fratelli d’Italia e rompere l’esperienza del Pdl, che entrambi si sentono di aver più subito che voluto per colpa di Fini che infine ha scelto da solo di prendere un’altra strada.
Si torna a Itaca, la destra vuole il suo partito. E i Gabbiani, la corrente (o come piace definirsi “la comunità”) che fa riferimento a Rampelli e alla storia di Colle Oppio sono in prima linea nel nuovo percorso. E questa volta è venuto il tempo di prendersi lo spazio politico e di rappresentanza che sono convinti di meritare.
I Gabbiani si chiamano così per gli uccelli stilizzati che appaiono i manifesti affissi per Roma a partire dagli anni Novanta e che facevano riferimento alla corrente, spesso firmati solo “la comunità”. Ogni anno si ritrovano per il Solstizio d’inverno in un appuntamento comunitario che, se una volta aveva un sapore un po’ pagano, ora è soprattutto un grande pranzo in cui ci si conta si rinsalda il legame “comunitario”. Inutile dire chi è il maestro di cerimonie, il capo indiscusso della compagnia.
Pur collocandosi nell’area destra di An per cultura politica e militante, Rampelli non è mai stato nell’area della destra sociale di Francesco Storace e Gianni Alemanno, che hanno però avuto l’occasione di misurarsi con l’esercizio del potere come governatore della Regione Lazio e sindaco di Roma. I Gabbiani però secondo Rampelli non sono mai stati i benvoluti, troppo autonomi e troppo fedeli esclusivamente al loro capo. Nel 2017 rilascia una lunga intervista alla vigilia della campagna elettorale, il nuovo partito è stato appena battezzato ed è il momento di togliersi qualche sassolino dalla scarpa:
Non sono una potenza, già l’ho detto. Questa suggestione rischia di inquinare il mio lavoro disinteressato per il “bene comune”. Magari potessi decidere delle nomine. Quando ho avuto questa opportunità ritengo di averla esercitata in modo assolutamente proficuo per la comunità. Purtroppo gli spazi sono sempre stati limitati perché sia Francesco Storace che Gianni Alemanno, dopo aver utilizzato le energie del mondo che gli portavo in dote, hanno cercato di uccidermi politicamente con tecniche bestiali e antidemocratiche.
Nel 2013 Fdi aveva ottenuto l’1.96% dei consensi, i tempi erano decisamente diversi, e Rampelli si schernisce del suo ruolo:
Sto raramente sui giornali perché sono più un mediano di spinta. Non è che nella vita tutti possono fare i centravanti. Ognuno ha il suo ruolo e io sono soprattutto un uomo di fatica che porta la palla e cerca di valorizzare le persone della squadra. Sono anche una figura di contenimento rispetto agli avversari, sono bravo nell’interdizione. Ma, attenzione, sono un mediano che sa anche fare goal.
Così quando non arriva la candidatura a sindaco di Roma, per la disastrosa scelta di candidare Enrico Michetti, Rampelli fa spallucce. Poi viene tenuto fuori dagli incarichi di governo, e si dice disponibile a correre per la poltrona di governatore della Regione Lazio. Niente da fare: Giorgia Meloni sceglie Francesco Rocca. Il destino di Fabio Rampelli sembra quello di essere tenuto distante dai ruoli di governo, oggi negatigli proprio da quei ragazzi del Fronte della Gioventù che arrivavano a Colle Oppio in cerca di un modello da imitare.
La generazione invisibile
Fabio Rampelli ama usare un’espressione: “generazione invisibile”. Con questa formula si riferisce a chi ha traghettato la destra dalle secche del reduciamo a una nuova prospettiva politica, senza però svenderne i valori. Una generazione che a suo avviso avrebbe subito ingiustamente lo stigma dell’essere fascisti, ma che soprattutto non sarebbe vista riconoscere il suo ruolo. Non è un caso che la Generazione Atreju si chiama così dalla festa che si teneva proprio a Colle Oppio.
Alla generazione invisibile Rampelli ha rivolto il suo pensiero in occasione della festa per i dieci anni di Fratelli d’Italia, rivendicando di essere stato lui ad aver dato i natali alla Generazione Atreju di Meloni che ha occupato saldamente i posti di potere e governo attorno alla premier:
Una comunità umana e politica che ha sfidato ogni convenzione. Rotto i ponti con il nostalgismo già dal Msi, partito importante nella storia italiana ma destinato a essere strumento prevalente di testimonianza più che di progetto. Perché da lì iniziò a formarsi una generazione che, attraverso l’originalità del suo posizionamento culturale, ha creato il tessuto fondamentale su cui sarebbe nato il nuovo movimento giovanile prima (Azione Giovani fu guidata proprio da Giorgia Meloni dal famoso Congresso di Viterbo del 2004) e Fratelli d’Italia poi.
Alle tante persone che hanno servito questa sfida storica e pagato prezzi alti per resistere a certe discriminazioni interne, gran parte dei quali hanno solo accompagnato la nuova creatura ai blocchi di partenza, rinunciando con tanti sacrifici a raccogliere i frutti della propria seminagione va il nostro abbraccio. Fratelli d’Italia esiste grazie a loro e noi tutti lo sappiamo.
Lo scorso 24 gennaio Giorgia Meloni ha commissariato il partito romano, cacciando il Gabbiano Massimo Milani per installare il fedelissimo Giovanni Donzelli. Un attacco frontale, il primo, a Fabio Rampelli. Il Gabbiano però non ha nessuna intenzione di farsi rottamare e fa quello che ha sempre fatto: serra i ranghi della sua comunità. Guai a chiamarla corrente, mi raccomando.