L'anima nera di Lucca
Come è successo che la borghesia di una città di provincia ha aperto le porte del potere a neofascisti ed ex ultras picchiatori, rimanendone ostaggio.
Buona domenica!
S’È DESTRA questa settimana esce un po’ in ritardo. È la puntata numero 24 della newsletter, realizzata in collaborazione con Fandango Libri, la casa editrice del mio libro Fascismo Mainstream, in cui sono approfonditi alcuni dei temi di questa uscita.
Oggi leggerete il primo di una serie di approfondimenti su esperienze di governo locali e città che hanno rappresentato un laboratorio per la destra destra. E cominciamo da Lucca. Casualmente ieri è scoppiato tutto il casino sul patrocinio di Israele a Lucca Comics and Games, con l’annuncio da parte di Zerocalcare che non parteciperà alla manifestazione.
Una vicenda che ha molto a che fare con quello di cui stiamo per parlare
C’era una volta Lucca. Città bianca in una regione rossa durante tutta la Prima Repubblica, città nera in una Toscana sempre più nera nella Seconda Repubblica.
Governata ininterrottamente da sindaci della Democrazia Cristiana, assediati da vicini socialisti e comunisti, dopo Tangentopoli vince ancora una volta un sindaco ex Dc, anche se con l’appoggio dei postcomunisti. Per rivedere un’esperienza di centrosinistra tornare al governo della città bisognerà aspettare Alessandro Tambellini, che rimarrà solo una parentesi.
Negli scorsi giorni si è parlato della città toscana perché il consiglio comunale, tra gli sberleffi dei consiglieri di maggioranza, ha rifiutato di intitolare una via al fu presidente della Repubblica Sandro Pertini. “Lucca non avrà mai una strada intitolata a un partigiano!”, spiega un assessore fuori dall’aula pensando di stare comunicando un’ovvietà. “A noi!”, scherza ma neanche troppo il capogruppo di Fratelli d’Italia. La votazione finisce con 17 contrari e 12 a favore. Il caso occupa per qualche ora la cronaca nazionale, e poi scompare.
Ma cosa è successo a Lucca negli ultimi vent’anni?
Che l’anima neofascista e violenta della città è cresciuta e si è incistata nel potere, coperta e coccolata dalla politica e dai politici di sempre.
Nel maggio del 2010 Sasha Lazzareschi, 38 anni, perde un occhio e gli vengono applicati cento punti di sutura al volto. È il risultato dell’assalto di un gruppo di Bulldog come vengono chiamati, ovvero appartenenti al gruppo di ultras di estrema destra Bulldog 1998, che si erano lanciati all’assalto di un pub.
È il culmine di uno stillicidio di violenze e aggressioni portate a termine dagli appartenenti alla sigla che ha preso il controllo della curva. Violenza prima rivolta contro gli altri gruppi apolitici o di sinistra in curva, costretti a cedere il passo, poi agguati e pestaggi contro militanti di sinistra e dei centri sociali, infine contro chiunque si trovi sulla loro strada in un crescendo.
Uno stillicidio raccontato in questo articolo del Post, il giornale che per primo dà al “caso Luca” l’attenzione che si merita. Perché i Bulldog non sono un gruppo di estremisti che vive in una bolla isolata dalla società, tutt’altro. È il 2009 quando un gruppo di adolescenti di 14-15 anni mette in atto le proprie scorribande nel centro cittadino: botte, vessazioni, rapine di giacche e cellulari ai danni dei coetanei. Il tutto ripreso con il telefonino per fornire le prove necessarie a entrare nei Bulldog. Secondo i giornali sono tutti ragazzi della “Lucca bene”, figli di professionisti per lo più.
Qualche giorno prima delle violenze in cui perde l’occhio Lazzareschi, con il patrocinio del comune di Lucca e la presenza di un assessore di centrodestra, il leader dei Bulldog Andrea Palmieri, presenta il suo libro «Ultras, storia del tifo rossonero». L’Anpi si indigna, le opposizioni manifestano, il sindaco (all’epoca Mauro Favilla di Forza Italia) dice che forse non è stata una buona idea ma il patrocinio non viene ritirato.
Oggi Palmieri non si occupa più di risse nei pub e aggressioni notturne, piuttosto di guerra. È un mercenario attivo con le repubbliche seperatiste filorusse in Ucraina. Lo scorso 20 aprile il tribunale di Genova lo ha condannato a 5 anni perché reclutò e istruì cittadini italiani per farli combattere con le milizie filorusse in Donbass.
Nota bene: il sindaco che non ritira il patrocinio al libro del picchiatore fascista è Mauro Favilla. Non uno qualsiasi, ma l’uomo politico più in vista di Lucca degli ultimi cinquant’anni, scomparso nel 2021. È stato eletto deputato tre volte tra gli anni Ottanta e gli anni Novanta. È stato sindaco dal 1972 al 1985, e poi ancora nel 2012. È l’uomo della continuità, il democristiano che garantisce che la città di provincia continui senza mai scossoni la sua vita, il garante degli interessi che contano. E anche quello che tollera le intemperanze di questa banda di picchiatori a cui vengono sequestrate tra le altre cose bandiere neonaziste. Hanno amici in consiglio comunale d’altronde.
C’è infine qualcuno che riesce a capitalizzare all’estrema destra il “lavoro” dei Bulldog e a portare alle urne la Lucca più nera. CasaPound qui nel 2017 ottiene l’8.2% con l’elezione di due consiglieri (Fabio Barsanti e Lorenzo del Barga), diventando la terza forza politica in città. È, insieme a quello di Bolzano e di Ostia, il risultato elettorale più significativo raggiunto dal movimento neofascista.
CasaPound di lì a poco però decide di rinunciare alla strategia elettorale dopo le delusione di aver mancato l’ingresso in parlamento e il disastro delle successive europee (ne abbiamo parlato nella prima puntata di S’È DESTRA).
Succede così che per le successive elezioni Fabio Barsanti si candida a sindaco con una coalizione guidata dalla lista Difendere Lucca. È uno degli amministratori eletti con CasaPound che, orfani del simbolo, prosegue il proprio percorso senza recidere il cordone ombelicali con i camerati di sempre. E continua a raccogliere consensi, con il 9,2% dei voti risulta determinante per far vincere al ballottaggio l’attuale sindaco Mario Pardini. Ma tutto ha un prezzo, e la destra destra di governo accetta l’apparentamento e Barsanti diventa assessore allo Sport. Difendere Lucca conquista in tutto due assessori e tre consiglieri. E ovviamente passa all’incasso non solo delle poltrone, come abbiamo visto sulla vicenda della via da dedicare a Sandro Pertini.
Ma l’avvicinamento con la destra neofascista era avvenuto costantemente anche nel corso dell’ultima legislatura, con il patrocinio e il sostegno da parte del comune di “L’Augusta – la Fortezza delle idee” festival di CasaPound, e la maggioranza che spesso e volentieri ha votato le iniziative di Barsanti, come l’intitolazione di una via a Norme Cossetto in occasione della Giornata della Memoria.
I “ragazzi della curva” ne hanno fatta di strada, diventando i detentori degli equilibri politici della città. Gira una foto a Lucca, racconta il quotidiano la Repubblica, c’è l’ex vescovo Italo Castellano che festeggia con i Bulldog, c’è anche chi fa il saluto romano. Un’immagine che più di tutti rappresenta plasticamente come sono i colletti bianchi, i professionisti e la borghesia della città a non voler più fare a meno dei neofascisti.
Lo stesso Pardini è un indipendente, ha un’azienda agricola in Argentina, è stato attivo nel settore finanziario a Londra, ma soprattutto è il fondatore dell’Arena Movie dentro Lucca Comics & Games, che ha coordinato tra il 2011 e il 2018, per poi diventare presidente di Lucca Crea Srl, una società partecipata nata dalla fusione del Lucca Comics con Lucca Polo Fiere e Congressi dal 2018 al 2020, che ha soprattutto il compito di gestire l’appuntamento che è uno dei festival più grandi d’Italia. Un tecnico che non ama Pertini il presidente partigiano, e a cui piacciono i voti dei fascisti.