Ciao e buon sabato!
Questa è l’uscita numero 69 di S’È DESTRA, la newsletter che racconta protagonisti, idee e storie delle destre in Italia e in Europa.
L’8 gennaio 2025 è morto Jean-Marie Le Pen. La sua vita è intrecciata alla storia dell’estrema destra francese ed europea, così oggi era quasi obbligato ripercorrerla, provando a trarne alcune indicazioni utili per leggere il presente e il futuro.
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Ora partiamo.
"Bonne Année et Bonne Santé: Jean-Marie est décédé!"
Quando è morto Augusto Pinochet era dicembre, faceva abbastanza freddo, ho salito la salita della Torre e, con una piccola combriccola, stappato una bottiglia di bollicine brindando alla morte del macellaio.
Quando è morto Jean-Marie Le Pen Place de la Republique a Parigi si è riempita di migliaia di persone accorse per un maxi aperitivo alla salute del fondatore del Front National, altre feste in strada si sono viste a Marsiglia, Lione e in altre città della Francia. “Siamo tutti antifascisti” uno dei cori che ha risuonato per le strade, in italiano, come ormai accade da alcuni anni in mezza Europa.
Jean-Marie Le Pen è stato sinonimo di estrema destra in Europa. Razzista, omofobo, suprematista, antisemita non ha mai rinunciato fino all’ultimo giorno al suo ruolo di padrino dei nazi di tutto il Vecchio Continente. La sua parabola politica, pur in discesa da oltre un decennio, ha segnato l’identità stessa della destra radicale in Francia e non solo: le parole d’ordine e le strategie che portarono ai primi successi del Front National in Francia a partire degli anni Ottanta. Per questo ricostruirne la storia e la vita, i successi e gli insuccessi, è necessario a capire continuità e cesure nel percorso dell’estrema destra d’Oltralpe e non solo.
Dall’Action Française al Reggimento Paracadutisti
La Trinité-sur-Mer è un comune di poco più di 1600 residenti della Bretagna. Un pittoresco villaggio di pescatori in riva al mare freddo, qui è nato Jean Marie Le Pen nel 1928. Di umili origini, la famiglia del futuro segretario del FN non fa politica e durante gli anni del regime di Vichy non risulta essere impegnata nel collaborazionismo.
Le Pen si politicizza dunque non in famiglia e negli anni dell’adolescenza, ma quando arriva da studenti prima a Tolosa e poi a Parigi nel 1948. L’estrema destra francese nel Dopoguerra è sostanzialmente irrilevante, una delle sue ultime ridotte è l’Action Française, associazione di origine anti-dreyfusarda fondata da Charles Maurras, che sopravvive alla soppressione delle organizzazioni collaborazioniste. L’Action Française, con il suo nazionalismo antisemita, sarà fino all’inizio degli Sessanta una palestra per molti quadri e militanti, che poi passeranno ad altre esperienze più marcatamente neofasciste, proprio come Le Pen.
Attirato dall’azione e dallo scontro di piazza, sceglie di arruolarsi nel Reggimento Paracadutisti, per combattere i comunisti avendo la possibilità di sparargli direttamente in Indocina difendendo l’impero coloniale, non limitandosi alle bastonature nelle università. Nel 1956 rientra in patria e si ributta immediatamente nell’agone politico. Dopo l’elezione a deputato andrà in Algeria per combattere il movimento indipendentista come volontario.
Da torturatore in Algeria a deputato
Nel 1956 l’Union et fraternité française di Pierre Poujade ottiene un inaspettato risultato elettorale, raccogliendo lo scontento di alcuni settori sociali e della “Francia profonda” nei confronti del gollismo. Il poujadismo rappresenta lo scontento di commercianti, artigiani e piccola borghesia di provincia. Movimento di carattere populista e coorporativista, nelle sue liste accolse elementi provenienti dal mondo nazionalista e di estrema destra, anche se il poujadismo si voleva, ca va sans dire, "né destra, né sinistra". Tra di loro Jean-Marie Le Pen, che sarà il più giovane eletto all’Assemblea Nazionale. Al turno elettorale successivo sarà uno dei due parlamentari dell’UFF che riuscirà a rientrare in parlamento, pur avendo rotto con Poujade.
Proprio la carriera militare lo renderà punto di riferimento di molti reduci e del fronte più oltranzista che si oppone al processo di decolonizzazione in Algeria. Alla sua morte molti hanno ricordato il passato di Le Pen sotto le armi, anche come torturatore. Il quotidiano comunista L’Humanité ha pubblicato in prima pagina non una foto del vecchio leader neofascista, ma un coltello di una baionetta con il suo nome sopra: la lama era stata ritrovata nella casa dove l’attivista Ahmed Moulay fu torturato e assassinato durante la guerra d’Algeria nel 1957.
La nascita del Fronte Nazionale
Gli anni Sessanta sono difficili per Le Pen. Finito il suo secondo mandato parlamentare si butterà nel sostegno all’avvocato dell’estrema destra Jean-Louis Tixier-Vignancour, di cui curerà la campagna presidenziale del 1965. Quando Tixier-Vignancour virerà verso il gollismo, Le Pen si troverà ancora più isolato. Di fronte allo scoppio del Sessantotto l’ex parà prestato alla politica, si avvicina ai neofascisti di Ordre Nouveau. Anticomunista viscerale, si aggancerà al principale gruppo neofascista francese, dove si organizza la militanza più dura contro il pericolo sovversivo, ma anche dove si trovano i reduci del terrorismo dell’OAS che avevano provato in tutti i modi a fermare il processo di decolonizzazione in Algeria.
Nel 1972 l’estrema destra francese, divisa in piccoli gruppi e leadership settarie e litigiose, tenta un processo di riaggregazione. Nasce così il Front National. Il gruppo dirigente proviene in larga parte da Ordre Nouveau (che non a caso pochi mesi dopo sarà sciolto), e Jean Marie Le Pen sarà scelto come il volto pubblico del nuovo partito che sceglie come simbolo una fiamma tricolore, proprio come quella del Movimento Sociale Italiano. Tra i movimenti che contribuiscono alla fondazione del FN c'è Jeunesses Patriotes et Sociales (JPS) di Roger Holeindre, ex membro dell’OAS); il gruppo che si ritrova attorno alla rivista Militant di Pierre Bousquet, reduce delle SS Charlemagne), e il Groupe Union Défense (GUD) di Alain Robert, espressione della militanza giovanile delle università, sigla tutt’ora attiva.
Perché Le Pen? Prima di tutto perché è già piuttosto noto, perché è un reduce e perché è già stato seduto in parlamento. In una combriccola come quella che fonda il movimento è il più “presentabile” (!). Due anni dopo nel 1974 il Front National si candida alle elezioni presidenziali per la prima volta, e il candidato all’Eliseo è proprio Le Pen, che racimola solo lo 0,8% dei voti, circa 190.000 preferenze.
Lo sfondamento elettorale
Dieci anni dopo il disastroso debutto, nel 1984 alle elezioni europee il Front National ottiene due seggi. È uno shock per la Francia: i neofascisti ottengono l’11% dei consensi. Questo primo considerevole risultato rappresenta il punto di svolta per l’estrema destra francese, che arriva a questo successo grazie alla capacità di cogliere lo smarrimento di un pezzo della classe operaia bianca di fronte ai processi di deindustrializzazione e a una società sempre più segnatamente multiculturale. La politica della preferenza nazionale (“prima i francesi”) porta un messaggio radicale che fa breccia laddove crollano i bastioni della classe operaia.
L’estrema destra non trova più spazio elettorale in circuiti ultra ideologizzati o in alcuni settori sociali scontenti e piccolo borghesi, ma comincia a costruire una propria base di massa in quelle figure le cui garanzie vengono messe in crisi dagli effetti della globalizzazione e dall’imporsi delle politiche neoliberali. Le Pen riesce a fare insomma quello che il Movimento Sociale non riesce a fare in Italia, a trovare un proprio spazio nell’offerta politica aggiornando le proprie parole d’ordine. Se l’MSI si dibatterà negli anni Ottanta nel ripetere a vuoto lo schema di proporsi come partito d’ordine, sperando che prima o poi la DC chiamasse la destra al governo per fermare l’avanzata delle sinistre, il Front National conquista uno spazio del tutto inedito per un partito di estrema destra.
Lo spazio che conquista Jean-Marie Le Pen è quello precisamente del risentimento sociale che punta sulla xenofobia e sul razzismo per conquistare consensi. Una campagna di successo che vede aumentare la violenza dei nuovi gruppi militanti di skinhead che vanno crescendo in questi anni. Fenomeni contro i quali la società si mobiliterà, con la nascita di movimenti come Sos Racisme che nasce proprio nel 1984. Quello che consente all’estrema destra francese di spingere sulla propaganda xenofoba è che sa che il cordone sanitario nei suoi confronti è quanto mai solido e non ha posizioni consolidate da difendere, non ha nessun elettorato moderato da conservare, piuttosto uno spazio politico inedito da occupare. E Le Pen, che nel frattempo ha trasformato il partito a sua immagine e somiglianza nel decennio in cui ha attraversato il deserto delle percentuali da prefisso telefonico, sa farlo alla perfezione.
Da Jean-Marie a Marine
Dalla metà degli anni Ottanta il Front National e il suo leader indiscutibile, saranno protagonisti ormai stabili dell’agone politico. Alle presidenziali del 1988, un quindicennio dopo il debutto, Le Pen ci riprova e raccoglie il 14,4% dei voti, incrementando ulteriormente i consensi rispetto alle europee di quattro anni prima. Il 16,9% però è la cifra che serve al FN per conquistare per la prima volta il secondo turno nel 2002, nonostante la scissione di Bruno Mégret che fonda il Movimento Nazionale Repubblicano. È l’effetto del crollo dei socialisti e della divisione della sinistra. Un’ondata di indignazione e paura percorreranno la Francia, con una mobilitazione che coinvolgerà tutto il paese per sbarrare la strada ai fascisti, e Chirac salirà all’Eliseo.
Proprio l’esperienza del 2002 aprirà una riflessione nel Front National, sulla necessità di allargare la base elettorale e di non spaventare l’elettorato moderato, provando a erodere consensi alla destra gollista. Una strategia che nel decennio successivo metterà le basi proprio grazie allo spostamento a destra, rappresentato dalla presidenza di Nicolas Sarkozy e prima dal suo mandato di ministro degli Interni, quando definirà “racaille” (feccia) i giovani di seconda generazione delle Banlieues che diedero vita a una estesa e violenta rivolta nel 2005. Con Sarkozy le parole d’ordine della destra di governo e dell’estrema destra diventeranno di fatto indistinguibile e, se il cordone sanitario continuerà a tenere, il travaso di voti sarà sempre più facile.
È in questo contesto che emerge la figura di Marine Le Pen. Classe 1968, terzogenita del primo matrimonio dell’ormai anziano leader, risulta ben più rassicurante del padre, garantendo la continuità ideologica del partito, a cominciare dal cognome. Dopo una serie di incarichi di secondo piano, nel 2004 viene eletta all’Europarlamento e nel 2006 cura la campagna elettorale del padre iniziando a comparire sempre al suo fianco: è lei l’erede designata, in un partito che non ammette dialettica interna e dove la parola del capo è tendenzialmente indiscutibile.
“Le camere a gas? Un dettaglio della storia”
Con le dichiarazioni razziste, omofobe e antisemite del “Menhir” (un soprannome affibbiatogli con condiscendenza nella fase finale della sua carriera politica), si potrebbero riempire diverse pagine. Esternazioni che alla lunga, insieme al suo controllo maniacale suo partito, hanno messo in difficoltà la leadership di Marine, che alla fine ha messo il decano alla porta.
Nel 2015 Jean-Marie ripete quanto aveva già detto nel 1996: "Le camera a gas? Un semplice dettaglio nella storia della seconda guerra mondiale". Sarà condannato a pagare 30.000 euro nel 2018, mentre a fine anni Novanta aveva già rimediato una condanna per istigazione all’odio razziale. Nel 2012 viene condannato a pagare 10.000 euro per ave detto che “l’occupazione tedesca non era particolarmente disumana”. Nel 2018 invece un giudice lo condanna a pagare 30.000 euro.
Ma il 2015 non è più il 1996 per il Front National. Marine Le Pen ha fatto tornare il partito a crescere, e nel 2017 e nel 2022 tornerà a disputare il secondo turno delle elezioni presidenziali. Nel frattempo l’anziano patriarca tornerà all’estrema destra più nera: nel 2017 entra nel gruppo neofascista europeo Alleanza per la Pace e la Libertà, dove si colloca in Italia Roberto Fiore, ma chiarisce che non si sarebbe più candidato. Il clan Le Pen continua a monopolizzare il campo della destra francese, dopo aver messo da parte l’ombra ingombrante del vecchio capostipite.
L’eredità
Nella parabola politica di Jean-Marie Le Pen si legge la storia della destra europea, che probabilmente non si presenterebbe così senza la sua leadership e senza i successi del Front National. È stata la sua affermazione a garantire all’estrema destra con una diretta filiazione con i fascismi europei, uno spazio nella politica contemporanea prendendo il tempo politico nelle nuove sfide della globalizzazione e nella crisi economica e del welfare.
La sua eredità oggi sembra ben al sicuro nelle mani del Rassemblement National, ma anche di Fratelli d’Italia. I due partiti con la fiamma nel simbolo, seppure divisi sul terreno europeo e dalla pratica del governo, conservano una radice comune. Unico difetto del vecchio Le Pen era l’incontinenza verbale, non era riuscito ad auto educarsi alla doppia morale.