Vent'anni di CasaPound: cosa resta dei Fascisti del Terzo Millennio
Bonus track: la registrazione di una chiacchierata sullo stesso argomento con il ricercatore Elia Rosati.
Buon sabato,
questa è l’uscita numero 30 di questa newsletter, realizzata in collaborazione con Fandango Libri, la casa editrice di Fascismo Mainstream.
Prima di continuare informazione di servizio: ci sono le feste settimana prossima saltiamo, ci rivediamo qui il 5 gennaio
La puntata di oggi è dedicata ai vent’anni di CasaPound e lo facciamo in modo un po’ diverso, non solo con un articolo, ma anche con un’intervista che potete ascoltare nel player qua sotto.
Della parabola di Gianluca Iannone e soci ho parlato con Elia Rosati, ricercatore e esperto di destre radicali. Tra le sue pubblicazioni anche CasaPound Italia: Fascisti del terzo millennio uscito nel 2018 per i tipi di Mimesis, che a oggi è ancora il miglior testo scientifico che affronta la storia di Cp (e contiene anche una mia appendice sui rapporti pericolosi di CasaPound con la criminalità organizzata e sulla vicenda del “lupo solitario” Gianluca Casseri).
Visto che il libro di Rosati traccia alla perfezione il percorso del movimento fino al 2018, qui vedremo cosa è successo dopo.
Il 26 dicembre del 2003 un gruppo di militanti neofascisti occupava un palazzo di proprietà pubblica in via Napoleone III all’Esquilino, a Roma. Nasceva CasaPound, “centro sociale di destra” e “occupazione non conforme”. Il gruppo conoscerà in pochi anni una crescita fulminante, svuotando le altre sigle e partitini di estrema destra, estendendosi velocemente a livello nazionale e moltiplicando i propri ambiti d’intervento: dalle scuole e l’università alla controcultura con un circuito di eventi e band musicali, dall’editoria a attività imprenditoriali e associative parallele al movimento. Un’esperienza che ha svecchiato e innovato il modo di essere “fascisti” in Italia ma non solo, diventando un modello a cui l’estrema destra ha guardato da tutta Europa con interesse.
Da quel giorno sono ormai passati vent’anni, e CasaPound oggi appare un movimento in forte crisi. E come ha spiegato Elia Rosati il movimento “pur avendo perso, per molti versi ha vinto”.
Ma quando inizia questa crisi? Quando CasaPound sembra all’apice nel 2018. Se da una parte il presidente e fondatore Gianluca Iannone è il custode dell’anima radicale del movimento, tra concerti e iniziative contro culturali (la metapolitica), dall’altra Simone Di Stefano è il volto del movimento che si presenta alle elezioni e inizia a essere invitato nei talk televisivi.
CasaPound è un partito/movimento radicato in tutto il territorio nazionale, con sezioni e pub nelle principali città italiane e in tantissime province. Ha una rivista mensile che in quel momento va in edicola (Il Primato Nazionale), una casa editrice di riferimento (Altaforte), comincia a raccogliere i primi buoni risultati elettorali a livello locale (Ostia, Bolzano, Lucca, Grosseto e qualche altra realtà locale), il movimento giovanile Blocco Studentesco è una realtà affermata e riconosciuta.
E poi che succede?
Tonfo elettorale
Alle elezioni del 2018 in via Napoleone III dopo le prime proiezioni la sala stampa è deserta, la tartaruga frecciata nonostante la sovraesposizione mediatica raggranella attorno all’1%. Simone Di Stefano è visibilmente deluso mentre Enrico Mentana, dal suo studio lo canzona. Lo stesso Mentana solo qualche settimana prima aveva contribuito alla piena legittimazione del gruppo di estrema destra, partecipando a un dibattito nel quartier generale del movimento.
Le successive europee sono un vero disastro, ormai l’onda è passata e rimane solo la risacca: CasaPound prendo lo 0,33%. A quel punto Iannone dice “basta” e annuncia la fine dell’avventura elettorale del movimento: si torna alle origini. È il giugno del 2019.
In seguito all’esperienza delle ultime elezioni europee e al termine di una lunga riflessione sul percorso del movimento dalla sua fondazione a oggi, CasaPound Italia ha deciso di mettere fine alla propria esperienza elettorale e partitica. La decisione di oggi non segna affatto un passo indietro, da parte del movimento, ma anzi è un momento di rilancio dell’attività culturale, sociale, artistica, sportiva di Cpi, nel solco di quella che è stata da sempre la nostra identità specifica e originale. Sarà anche un’occasione per tornare a investire tempo ed energie nella formazione militante, particolarmente essenziale, dati i nuovi pruriti liberticidi della sinistra.
Ma quando ci si è spinti così avanti, è difficile tornare indietro. E il mal di pancia all’interno, anche se non si tradurrà ancora in rotture plateali, è palpabile. CasaPound dal 2013 al 2018 ha creato una schiera di capi e capetti locali, che hanno costruito il loro piccolo capitale di visibilità e riconoscibilità politica. In diversi non vogliono rinunciare.
Fuori dal Salone del Libro
Il lungo lavoro di auto legittimazione e di branding politico operato da CasaPound subisce un altro colpo con l’esclusione della casa editrice legata al gruppo dal Salone del Libro di Torino. Dopo giorni di polemiche Altaforte, il cui proprietario è Francesco Polacchi ex portavoce nazionale di Blocco Studentesco e editore anche del Primato Nazionale, viene estromessa dalla manifestazione.
Durissime le parole usate dal Mausoleo e Museo di Auschwitz-Birkenau che in una lettera dice chiaramente: o noi o i neofascisti. “Non si può chiedere ai sopravvissuti di condividere lo spazio con chi mette in discussione i fatti storici che hanno portato all' Olocausto, con chi ripropone una idea fascista della società”, si legge nella lettera indirizzata al comune di Torino e alla Regione Piemonte. E ancora: “Non si tratta, come ha semplificato qualcuno, del rispetto di un contratto con una casa editrice, bensì del valore più alto delle istituzioni democratiche, della loro vigilanza, dei loro anticorpi, della costituzione italiana, che supera qualunque contratto”.
Altaforte è fuori.
Il ban di Meta
Passano pochi mesi e arriva un’altra pesantissima botta: Meta cancella dalle sue piattaforme tutti gli account ufficiali di CasaPound e Forza Nuova, e anche di tantissimi esponenti e dirigenti di diverso livello. Un danno enorme per il movimento di via Napoleone III: in un secondo la scelta dell’azienda di Zuckerberg ributta nel ghetto del neofascismo CasaPound, associandolo a Forza Nuova e soprattutto motivando il ban per la propaganda di odio.
Le persone e le organizzazioni che diffondono odio o attaccano gli altri sulla base di chi sono non trovano posto su Facebook e Instagram. Candidati e partiti politici, così come tutti gli individui e le organizzazioni presenti su Facebook e Instagram, devono rispettare queste regole, indipendentemente dalla loro ideologia. Gli account che abbiamo rimosso oggi violano questa policy e non potranno più essere presenti su Facebook o Instagram.
Inoltre CasaPound per anni ha investito nella propaganda sui social network, organizzando mobilitazioni tramite questi e lavorando alla costruzione di visibilità dei propri dirigenti locali soprattutto grazie a Facebook. La dispersione di questo patrimonio getta nel panico il gruppo che si trova privato all’improvviso del suo principale canale di comunicazione.
La pandemia
Se il 2019 è un anno molto difficile per CasaPound, il 2020 non scherza. La pandemia di Covid 19 coglie il movimento in un momento complicato, e il gruppo dirigente fatica a dare indicazioni chiare sul da farsi. Se la sinistra sociale e di base riuscirà a dare continuità al proprio intervento e radicamento lavorando sulla solidarietà, la vicinanza ai più deboli, soprattutto nelle grandi città, inventando e radicando nuovi strumenti di mutualismo, la destra radicale come sappiamo sarà sulle barricate dei movimenti no green pass e no vax.
Ma qui CasaPound non riesce a cogliere il tempo. Non riesce o non vuole sintonizzarsi con il vasto arcipelago di sigle complottiste e “gentiste”, non è no vax ma contesta le misure di contenimento soprattutto per quello che riguarda la parte economica, i ristori per esempio. Ha una presenza e un atteggiamento altalenante verso quella che si autodefinisce “l’area del dissenso”. Quando scende in piazza con imprenditori e commercianti poi, provando a mettersi alla testa del corteo, non ci riesce e anzi i suoi militanti vengono guardati con diffidenza come chi vuole mettere “il cappello” alla mobilitazione.
Al contrario, come raccontano bene le cronache, saranno altri gli esponenti di destra radicale che cavalcheranno il linguaggio complottista e di piazze che parlano più la lingua di Trump e Bolsonaro che del neofascismo. Fino all’assalto alla sede nazionale della Cgil avvenuto il 9 ottobre del 2021, guidato dai leader di Forza Nuova Giuliano Castellino e Roberto Fiore.
Simone Di Stefano se ne va
In questo contesto ci sarebbe stato chi avrebbe voluto spingere sulla partecipazione alle mobilitazioni no vax e no green pass, ma l’assoluta mancanza di trasparenza del dibattito interno al movimento (che non ha mai svolto un congresso o un dibattito politico pubblico e plurale), ci permette solo di fare delle ipotesi.
Il 28 ottobre 2021 Davide Di Stefano, esponente di punta del movimento, annuncia di essere stato espulso. Pochi giorni dopo e Simone Di Stefano dà notizia della sua fuoriuscita: “Per libera e sofferta scelta, il mio percorso politico con CasaPound Italia termina oggi. Non tornerò mai più sull’argomento e non c’è necessità di discutere le motivazioni, che sono pochissime ed esclusivamente di natura politica".
Le ragioni, è cristallino, riguardano proprio l’incapacità di Cp di occupare lo spazio politico offerto dalle mobilitazioni contro l’obbligo vaccinale e le misure di contenimento. Ma CasaPound risponde accusando Di Stefano di opportunismo e elettoralismo:
Il nostro obiettivo non sarà mai quello di scendere a compromessi e rinunciare a ciò che abbiamo scelto di essere per riuscire ad accedere a poltrone di un Parlamento dove non passa più nessuna decisione strategica per la nostra nazione, al solo scopo di conquistare degli scranni da dove esercitare una minuscola porzione di potere che ci verrebbe concessa barattando il nostro spirito rivoluzionario. Queste sono le uniche motivazioni politiche che hanno portato alcuni ad abbandonare il nostro movimento e percorrere altre strade.
Il diretto interessato con il fratello al seguito fonda Exit, esaspera le sue uscite anti vacciniste e si sposa su posizioni che assomigliano più alla destra libertaria che al neofascismo. Dopo l’accordo elettorale (ovviamente un fiasco) con Mario Adinolfi è recentemente approdato al nuovo partito di Gianni Alemanno Indipendenza, che si candida dalla destra di Fratelli d’Italia a dialogare con la cosiddetta “area del dissenso”, quel magma di sigle no vax, complottiste e rossobrune che hanno avuto il loro momento di gloria durante la pandemia.
Mimetismo politico
Nonostante CasaPound abbia dismesso la forma partito, questo non vuole dire che esponenti politici locali non siano entrati nelle istituzioni trovando spazio in altre liste (a Lucca con una lista civica, a L’Aquila con Fratelli d’Italia a Grosseto con la Lega). Di più: nel 2021 esponenti di CasaPound si candidano nelle liste di Italexit, dando un contributo fondamentale al partito di Paragone nella raccolta delle firme, e puntando sulla candidatura a Roma di Carlotta Chiaraluce, esponente di CasaPound a Ostia che solo qualche giorno fa ha abbandonato il movimento, per ragioni personali ma non senza polemiche. Insomma la partita elettorale non è più il cuore dell’attività di CasaPound ma, con una buona dose di mimetismo, a livello locale e non solo non disdegna di partecipare alla competizione elettorale.
Conclusioni e una novità
CasaPound è ancora il gruppo di estrema destra più grande e influente in Italia, ma sembra aver terminato la sua fase propulsiva, anche se ormai il linguaggio di CasaPound è diventato egemone nell’area. Di più: una forza neofascista e aggressiva come Cp non sembra essere molto utile alla destra sovranista e di governo, a differenza di altre fasi. Vedi ad esempio l’ascesa di Salvini tra la prima e la seconda metà degli anni Dieci, quando non a caso strinse un’alleanza con i Fascisti del terzo Millennio, quando la propaganda con i fatti nelle periferie e contro i migranti dell’estrema destra ebbe un ruolo importante nel determinare un certo clima nel paese. Se per molti anni Cp ha goduto di un racconto da parte di molti media (e anche commentatori progressisti) più che benevolo, oggi il movimento nato a via Napoleone III è tornato per molti versi nel ghetto del neofascismo.
Ovviamente il contesto di un paese sempre più a destra, governato da un partito postfascista come Fratelli d’Italia e da una forza sovranista e xenofoba come la Lega, lascia ampio spazio a un’organizzazione come CasaPound, che a livello giovanile dialoga stabilmente con i gruppi dei partiti di governo, e che fa parte dello stesso circuito culturale e ideologico dei giornali e dei commentatori della destra destra che siede a Palazzo Chigi.
Una novità interna al movimento però a ben vedere c’è: per la prima volta dopo vent’anni, quello che è stato un gruppo assolutamente impermeabile all’esterno per quello che riguarda la propria discussione, e che non ha mai votato i propri leader o la linea politica democraticamente, il prossimo 7 gennaio terrà una prima conferenza nazionale a Roma con delegati da tutti i territori. Cosa questo vorrà dire, se è un tardivo tentativo di coinvolgere la base nelle decisioni, o se si tratta di una strategia di rilancio dell’iniziativa politica, è presto per dirlo.