Ciao e buon venerdì!
All’inizio questa newsletter usciva proprio il venerdì, poi è uscita un po’ quando capitava, ora di solito arriva il sabato.
Io sono Valerio Renzi e l’uscita di oggi di S’È DESTRA (la numero 78) non l’ho scritta io ma Vito Saccomandi, un giovane ricercatore che si occupa di pensiero autoritario e nuove destre.
A lui ho proposto di scrivere della traiettoria politica di Thomas Fazi, dal sovranismo di sinistra ai circoli della destra trumpista e orbaniana. Non tanto per soffermarci su una singola figura, ma perché è un caso di studio piuttosto emblematico. Ha accettato e ora eccoci qua.
Non perdiamoci di vista: questa sera sono a Pistoia al Circolo Arci Ho Chi Min (❤️) ospite dell’Istituto storico della Resistenza e dell’età contemporanea, e della Fondazione Valore Lavoro.
Per non perderci di vista online: la mia mail è valrenzi@gmail.com, ho un profilo su X e uno su Instagram, su Bluesky e Mastodon. S’È DESTRA è anche un canale Telegram per tutte le cose che non stanno in una newsletter settimanale.
Ora iniziamo: parola a Vito.
La scorsa settimana si è tornati a discutere delle ambiguità e delle convergenze tra settori della sinistra radicale e pezzi dell’estrema destra. A riaccendere il dibattito è stato un articolo di Giuliano Santoro sul il manifesto, che ha puntato i riflettori su un network ibrido, un crocevia tra anti-imperialismo, mondo del "dissenso" e geopolitica, dove i confini ideologici si fanno labili e il dialogo con personaggi legati – nei temi e, soprattutto, nelle biografie – all’universo dell’estrema destra è costante.
Tra le figure centrali di questa eterogenea galassia spicca l’economista e giornalista anglo-italiano Thomas Fazi. Il suo ruolo è particolarmente interessante per due motivi: da un lato, è uno dei riferimenti più autorevoli di questo ambiente e funge da ponte tra il mondo anglosassone e quello italiano; dall’altro, il suo percorso politico e intellettuale offre una chiave di lettura per comprendere la matrice reazionaria di molti discorsi che prendono forma in questa area.
Classe 1982, nato a Londra ma romano d’adozione, è il figlio Elido Fazi – economista ed editore – di cui segue le tracce. Non si laurea ma inizia a scrivere di economia e politica internazionale, si dedica alla cura di testi, tradotti e non, per la casa editrice di famiglia Fazi Editore. La sua formazione politica si definisce presto, e senza esitazioni, nel solco dei sovranismi: una famiglia ampia, divisa in correnti, ma unita da un generico rifiuto delle “élite globaliste” e da un ritorno alla “sovranità nazionale”. Nel 2010 firma la regia di Standing Army, documentario co-diretto con lo scrittore americano Gore Vidal, noto soprattutto per i suoi libri contro la politica estera interventista degli Usa. Al centro del lavoro c’è l’imperialismo militare USA negli anni della war on terror.
Quattro anni dopo pubblica The Battle for Europe: How an Elite Hijacked a Continent – and How We Can Take it Back per Pluto Press, storica editrice londinese della sinistra radicale. Sono gli anni in cui i “populismi” montano in Europa, e anche a sinistra si apre il dibattito sulla necessità di adottare questo stile politico. Dibattito che in soldoni avrà due esiti: da una parte chi seguirà la lezione di Chantal Mouffe ed Ernesto Laclau, tentando di radicalizzare una politica democratica e di matrice socialista, dall’altra chi utilizzerà la categoria di populismo letta da sinistra per sposare politiche sovraniste e nazionaliste.
Fazi, che nel frattempo ha consolidato i suoi legami intellettuali – come quello con Bill Mitchell, teorico della Modern Monetary Theory – sfrutta questa ambiguità per ritagliarsi un ruolo di ponte tra questi due mondi. Pubblica un nuovo libro per Pluto Press (poi tradotto in Italia da Meltemi), scrive per Jacobin, si accredita come voce trasversale. Ma è un gioco a doppio registro: perché, mentre all’estero dialoga con la sinistra radicale, in Italia prova a riempire il vuoto lasciato dalla trasformazione del M5S in un partito sempre più istituzionalizzato, con progetti che vogliono creare una “alternativa sovranista di sinistra” dialogando senza scrupoli con settori della peggior destra fascista italiana. Nel 2017 entra nell’associazione Senso Comune, che si propone anche in Italia di promuovere un soggetto populista di sinistra. Ne fanno parte tra gli altri Tommaso Nencioni e Samuele Mazzolini, ma anche Geminello Preterossi che seguirà Fazi nelle successive avventure sempre meno “socialiste”. L’intento dichiarato è chiaro: sottrarre “il popolo” all’influenza delle forze conservatrici e reazionarie, costruendo un’alternativa politica “né di destra né di sinistra” che sappia riconquistare la sovranità perduta. Una formula che, nella pratica, si traduce lentamente in una vicinanza sempre più evidente ai circoli della destra sovranista, al punto da trovare ospitalità al festival Libropolis, dove sovranisti di destra e di sinistra vanno a braccetto.
Così nella lotta all’austerity, contro l’Unione Europea, si trovano a dialogare in maniera sempre più organica con la destra reazionaria italiana. Dall’esperienza di Senso Comune esce, dopo qualche anno nel 2020, nel tentativo di costruire un partito: Nuova Direzione. I protagonisti restano gli stessi, insieme ai quali, poco più tardi, nascerà la rivista e think tank La Fionda. A loro si aggiungono altri esponenti di questo fantomatico socialismo sovranista, tra cui Alessandro Visalli ed Enrico Nardin, e il professore Andrea Zhok, tutti accomunati da un’ammirazione per il pensiero di Costanzo Preve (solito pubblicare i suoi volumi presso note case editrici neo-fasciste come “All’insegna del veltro” e “Il Settimo Sigillo”) da cui riprendono l’idea dell’”inservibilità“ delle categorie di destra e sinistra. Pur mantenendo un dialogo distaccato con il Movimento 5 Stelle, Nuova Direzione ne critica duramente l’alleanza di governo con la Lega di Matteo Salvini, interpretandola come il definitivo tradimento della sua vocazione anti-establishment. Nella loro azione politica continuano a rivolgersi a quella supposta vasta area del dissenso che il M5S aveva intercettato e mobilitato nel tempo, cercando di raccoglierne l’eredità in chiave sovranista e anti-liberale. È proprio in questa operazione che inizia a prendere forma un dialogo sempre più fitto con il mondo del Fronte del Dissenso, un micro-partito guidato da Moreno Pasquinelli (di cui avevamo già parlato qui), che nel tentativo di costruire una piattaforma anti-imperialista e sovranista ha finito per intrecciare legami con ambienti dell’eurasiatismo neofascista italiano. Un’evoluzione che conferma il progressivo slittamento verso posizioni dove la critica al neoliberismo si salda con suggestioni reazionarie, tanto da non disdegnare interviste sul Primato Nazionale e con il mondo vicino a CasaPound.
Proprio a cavallo con lo scoppio della pandemia da Covid-19, si susseguono un’altra serie di trasformazioni nella sedicente galassia del sovranismo di sinistra italiano che decide di abbracciare anche le istanze del mondo novax e negazionista della pandemia. Così Fazi esce da Nuova Direzione e fonda insieme all'ex senatore 5 Stelle e già leghista Gianluigi Paragone Italexit: una formazione anti-europeista che ha cavalcato le proteste no-vax, senza fare troppi scrupoli nell'accogliere esponenti del mondo neofascista italiana, da Carlotta Chiaraluce (dirigente di Casapound) a William De Vecchis (ex Lega, proveniente dal neofascismo duro e puro). Il sovranismo socialista è ormai scivolato a tutti gli effetti nell’area della destra identitaria, con tanto di iniziative e presentazioni con Fabio De Maio del circolo identitario di fascisti modenesi Terra dei Padri.

Alle avventure politiche piuttosto infruttuose e marginali, Thomas Fazi affianca però soprattutto un lavoro culturale e giornalistico, proponendo prodotti culturali con cui normalizzare, anche a sinistra, il suo sovranismo antiglobalista. Il 1° aprile 2020 è tra i fondatori della rivista La Fionda, nata con l’ambizione di «smentire la propaganda e squarciare il velo della post-verità neoliberista». Al progetto aderiscono accademici, ex socialisti disillusi e commentatori geopolitici, molti dei quali già compagni di strada nel suo percorso politico: Geminello Preterossi, Alessandro Somma, Savino Balzano e Alessandro Volpi tra gli altri. La peculiarità di questo progetto è la sua capacità di dotarsi di un fascino intellettuale, di proporsi come una vera e propria rivista di approfondimento culturale e politico "super-partes" accreditata anche in larghi settori della sinistra radicale. Il sogno nel assetto è di riuscire a ripetere le imprese di Sahra Wagenknecht e del suo partito il BSW (Bundnis Sahra Wagenknecht), di cui Fazi fa tradurre e pubblicare il libro per la casa editrice di famiglia, a cui La Fionda guarda con simpatia.
In Italia, dunque, Fazi si muove in un’area sovranista e identitaria dai contorni sfumati, dove si intrecciano riferimenti ideologici e narrazioni condivise con ampi settori della sinistra anti-imperialista. Oltre i confini nazionali, però, il suo percorso assume una traiettoria ancora più chiara: nel mondo anglo-americano, si avvicina sempre più agli ambienti della destra conservatrice statunitense e britannica. Un segnale eloquente di questa svolta è la sua collaborazione con Compact.mag. Uno sguardo al board editoriale della rivista è particolarmente rivelatore: non solo del cambio di rotta di Fazi, ma anche delle dinamiche più ampie che attraversano il sovranismo di sinistra in Italia. Compact.mag nasce nel marzo 2022 dall’incontro tra Edwin Aponte, che si definisce un populista di sinistra, e due intellettuali cattolici conservatori americani, Matthew Schmitz e Sohrab Ahmari. Matthew Schmitz è un conservatore cattolico americano radicale, ben inserito nei circuiti intellettuali della destra religiosa. Scrive regolarmente per testate di riferimento di quest’area politica, tra cui The American Conservative, voce storica della destra paleoconservatrice statunitense. Prima di Compact.mag Schmitz è stato editor di First Things, un'altra rivista cattolica conservatrice, oltre che aver collaborato con Public Discourse, la piattaforma del Witherspoon Institute, un think tank cattolico radicale noto per le sue battaglie contro il matrimonio egualitario e per le politiche pro-life e anti-gender.
Proprio con quest’area politica Fazi trova particolari convergenze, infatti condividono l’idea di un isolazionismo in politica estera, il rifiuto del globalismo e una visione più comunitaria e tradizionalista della società. È proprio a partire da queste connessioni che Thomas Fazi inizia a stringere i rapporti con uno dei più influenti think tank della destra europea: il Mathias Corvinus Collegium di Budapest, con cui collabora dal 2023. Questa è l’istituzione educativa di riferimento dell’estrema destra europea, finanziata dal governo di Viktor Orbán, e in piena espansione internazionale. Ha aperto un centro a Bruxelles, acquisito un’università a Vienna e pianificato nuove sedi in altre città europee. Il sostegno finanziario di cui gode è straordinario: nel solo 2020 ha ricevuto oltre 1,3 miliardi di sterline in fondi pubblici ungheresi. Questa istituzione rappresenta il tentativo di Orbán di diffondere posizioni conservatrici in tutta Europa attraverso un’operazione di “soft power”. Il meccanismo è chiaro: finanziare borse di ricerca in cambio di studi che sostengano, direttamente o indirettamente, le posizioni politiche di Orbán (qui alcune testimonianze in presa diretta). Nel portare avanti questa operazione, il think tank orbaniano ha iniziato a intrecciare rapporti con diverse associazioni internazionali (in Italia, ha trovato un interlocutore nel Centro Studi Machiavelli, e in particolare in Francesco Giubilei). Ma il legame più significativo è quello con The Heritage Foundation, l’organizzazione che ha elaborato il celebre Project 2025: un documento di 922 pagine che traccia un piano radicale per la ristrutturazione dello Stato americano. Il blueprint invita Donald Trump a “smantellare lo Stato amministrativo”, a invertire le politiche sul cambiamento climatico, a eliminare i vincoli all’estrazione di combustibili fossili, a cancellare gli investimenti statali nelle energie rinnovabili e a svuotare l’Agenzia per la Protezione dell’Ambiente (EPA). Una visione che aspira a una vera e propria rivoluzione conservatrice di stampo autoritario negli Stati Uniti.
Insomma, la traiettoria di Thomas Fazi è chiara: il suo percorso lo ha portato sempre più vicino al cuore delle istituzioni culturali dell’estrema destra europea e internazionale, con cui dialoga di politica internazionale e contribuisce a definire un’agenda culturale coerente con quelle posizioni. Da questo ambiente sembra aver adottato anche diversi modelli imprenditoriali, come quello dei siti di infotainment—un format che dissolve i confini tra informazione e intrattenimento (una la logica già sperimentata proprio da piattaforme come Compact.mag o UnHeard). Le collaborazioni che Fazi ha sviluppato e che ricorrono in una certa frangia dell’antimperialismo di sinistra rappresentano, in realtà, uno dei principali canali di normalizzazione di un insieme di idee reazionarie, una precisa strategia mimetica non nuova alla destra radicale.
Il proprietario di UnHerd è Paul Marshall, hedge fund manager britannico, anche proprietario di GB News. L'ultima sua creatura è l'Alliance for Responsible Citizenship, di cui sentiremo parlare molto in futuro. La cosa che invidio a gente come il tipo oggetto del tuo ottimo lavoro è la naturalezza con cui predicano quel che loro credono sia purezza ideologica facendo, nei fatti, completamente l'opposto. Dichiararsi anti-imperialista e/o anti-neoliberista, come fa questo tipo qui, e scrivere i pensierini sulla piattaforma della culture war britannica di Paul Marshall senza un minimo di cedimento morale è veramente lodevole. Ad ogni modo, grazie per il tuo lavoro.
Grazie per questo lavoro documentato e chiarissimo. Estremamente utile sia per avere maggiori coordinate su questi personaggi che per riconoscere gli schemi. Siete preziosissimi.