Serve un museo post coloniale della violenza fascista e italiana
Una riflessione a partire dalla pubblicazione (finalmente) di "Le atrocità di Mussolini. I crimini di guerra rimossi dell’Italia fascista".
Benvenute e benvenuti alla puntata numero 62 di S’È DESTRA, la newsletter che ogni settimana racconta i protagonisti, le idee e le culture politiche delle destre in Italia e nel mondo. La scrivo io, che sono Valerio Renzi, in collaborazione con Fandango Libri.
Oggi parliamo di crimini di guerra del fascismo, uso pubblico della storia e di un libro che ha una storia che assomiglia a un romanzo.
Non perdiamoci di vista: la mia mail è valrenzi@gmail.com, ho un profilo X e uno su Instagram.
Martedì prossimo partecipo a questo incontro di formazione promosso dall’Unione Giovani di Sinistra a Roma:
Ora iniziamo!
Il 1 e l’8 novembre del 1989 la BBC manda in onda Fascist Legacy. Si tratta di un documentario in due parti sui crimini di guerra e coloniali del fascismo, e su come gli alleati dopo il 1943 coprirono gli ex fascisti, a cominciare da Badoglio, rifiutando di consegnare i responsabili di eccidi, massacri, torture e fosse comuni agli stati la cui popolazione aveva subito simili atrocità. La regia è di Ken Kirby, mentre l’autore e voce narrante è quella dello storico britannico Michael Palumbo.
Come è noto probabilmente a chi legge questa newsletter Fascist Legacy, che face molto arrabbiare le istituzioni italiane con tanto di reclami formali, non è mai stato trasmesso in Italia. La Rai nel 1990 ne acquisto i diritti, giusto al fine di seppellirlo in qualche armadio di viale Mazzini. Solo nel 2004 su La7 ne andarono in onda degli stralci all’interno del programma Altra Storia. Dal 2013 il doc si può guardare su Youtube, ma il suo posto sarebbe nelle bacheche di Raiplay.
Oggi torna in libreria, o sarebbe meglio arriva per la prima volta ma ci arriviamo subito, un libro dello storico che ha lavorato a quel documentario dalla ricezione così travagliata in Italia. Le Edizioni Alegre hanno infatti pubblicato Le atrocità di Mussolini. I crimini di guerra rimossi dell’Italia fascista di Michael Palumbo. Questo libro era già stato pubblicato da Rizzoli nel 1992 con il titolo L’olocausto rimosso. Poi decise di mandare tutte le copie al macero. Si tratta di circa 8.000 libri mai arrivati sugli scaffali, ma di cui qualche copia è sopravvissuta, come racconta in questo sfizioso post il blog Cacciatore di libri, che non ha recuperata qualche copia. Secondo l’articolo il libro non sarebbe stato distribuito e distrutto per paura di possibili controversie legali. Il libro era troppo scomodo per la memoria individuale di qualcuno dei protagonisti e dell’intero paese.
Come spiega lo storico Eric Gobetti, che firma la prefazione del volume, ad essere avventurosa non è solo la ricezione del lavoro di Palumbo, ma la sua stessa ricerca: “Prima di essere un libro di storia, questo è una sorta di romanzo d’avventura. La storia, in effetti, di una ricerca resa quasi impossibile dalle autorità di vari paesi ma soprattutto dall’Italia) e dalla caparbietà del suo autore. La storia di come sia difficile divulgare i risultati di una ricerca storica - anche nei paesi occidentali che consideriamo democratici - quando i risultati di quella ricerca vanno contro una versione politica necessaria alla legittimazione delle classi dirigenti”. E ha ragione il prefatore: il libro dell’autore di Fascist Legacy è avvincente, e ne emerge tutta la caparbietà e passione per raccontare queste storie.
Il libro di Palumbo aiuta a inquadrare le violenze del fascismo nella loro funzione di conquista, annessione, sottomissione, sfruttamento, in due parole colonizzazione. Dall’Africa alla Grecia, dall’Albania alla Croazia. Dovunque arrivassero gli italiani la lista di atrocità da raccontare è lunga, tanto da non poterne in più alcuni momenti della lettura, da rischiare di finire frastornati.
Quando si parla di questi argomenti si dice subito, a sinistra diciamo, che quello degli “italiani brava gente” era solo un mito, ma cosa questo significhi, come si sostanzi questo “non essere brava gente” degli italiani in pochi lo hanno chiaro. Questo libro è un formidabile strumento per sostanziarlo.
In questi anni alcune esperienze hanno lavorato per far emergere il grande rimosso coloniale italiano. Penso a Resistenze in Cirenaica che, a partire dalla toponomastica bolognese, ha raccontato e fatto emergere le storie della Resistenza al fascismo e al colonialismo italiano (che non è stato solo fascista). La rete Yekatit 12-19 febbraio, un network di associazioni, comunità di afrodiscendenti, collettivi e istituzioni locali, che organizza eventi, incontri, passeggiate urbane, convegni in diverse città italiane per riaccendere l’attenzione collettiva sul rimosso passato coloniale dell’Italia, fatto di violenze e crimini.
La rete Yekatit 12-19 febbraio -composta da associazioni, comunità di afrodiscendenti, collettivi e istituzioni- organizza una serie di eventi in diverse città italiane per riaccendere l’attenzione collettiva sul rimosso passato coloniale dell’Italia, fatto di violenze e crimini. Perché Yekatit 12? Perché questo è il nome con cui è noto il massacro che nel febbraio 1937, avvenne ad Addis Abeba come rappresaglia per il tentativo di assassinio di Rodolfo Graziani, viceré d'Etiopia. Il 19 febbraio del calendario gregoriano è lo yekatit 12 del calendario etiope. Nell’orgia di omicidi, stupri e torture andati avanti per tre giorni furono uccise circa 20.000 persone. La rete promuove anche l’idea di una giornata dedicata alle vittime delle avventure coloniali italiane. Recentemente anche Roma ha approvato una mozione Giornata della memoria per le vittime del colonialismo italiano, da svolgersi nella capitale ogni anno il 19 febbraio. In diversi comuni si discute di come disvelare la storia coloniale di monumenti e toponomastica risignificandoli alla luce di una riflessione postcoloniale.
Le esperienze citate, e altre che non ho citato sono importanti, così come l’arrivo in libreria del volume di Michael Palumbo è un’ottima notizia, ma credo che sarebbe essenziale impegnarsi nella codificazione istituzionale della memoria della violenza fascista e coloniale.
Il Museo delle Civiltà di Roma, che ha ereditato nelle sue collezioni l’Ex Museo Coloniale e le raccolte etnoantropologiche di manufatti provenienti da Sud America, Africa, Asia e Oceania sta procedendo con uno sforzo nel riallestimento museale e nel ripensare le collezioni coloniali grazie a un lavoro di ricerca internazionale. Visitandolo tre volte nell’ultimo anno e mezzo questo sforzo è tangibile, ma poco pubblicizzato forse, ma rappresenta sicuramente un primo importante passo.
Ci serve un museo postcoloniale, che faccia tesoro delle esperienze di questi anni e li coinvolga, che si ponga il problema di portare le scuole sui luoghi degli eccidi e che connetta il colonialismo fascista con quello dell’Italia liberale. Un museo laboratorio di storia e didattica, che fornisca strumenti a insegnanti e amministrazioni locali, che aiuti a fissare la memoria collettiva italiana.