Il Museo del Ricordo: anticomunismo e nazionalismo in mostra
Buon sabato a tutte e tutti,
anche oggi parliamo dell’uso pubblico della storia da parte della destra postfascista, in particolare commentando la notizia di un disegno di legge varato dal consiglio dei ministri su proposta della premier Giorgia Meloni e del ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, per istituire il Museo del Ricordo che racconterà la storia del confine orientale e la vicenda delle foibe.
Questa è l’uscita trentaquattro di S’È DESTRA, una newsletter settimanale in collaborazione con Fandango Libri, con cui ho dato alle stampe Fascismo Mainstream.
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In anticipo di qualche giorno sul Giorno del Ricordo, che ogni 10 febbraio dal 2004 ha come obiettivo"conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell'esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale”, il governo ha annunciato di aver approvato in Consiglio dei Ministri l’istituzione del Museo del Ricordo a Roma.
La cristalizzazione del Giorno del Ricordo in un’istituzione museale rappresenta l’apice dell’offensiva della destra italiana sulla storia pubblica e il calendario civile. La centralità delle foibe, una storia tutto sommato marginale nelle tante tragedie che hanno regolato la revisione dei confini all’interno della Seconda Guerra Mondiale, segnata da un revisionismo storiografico costruito in decenni di lavoro dalle associazioni degli esuli e dell’irredentismo, con il sostegno della destra neofascista, è una novità recente a cui le forze democratiche non sono state in grado di opporsi assumendo invece il punto di vista delle destre.
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Velocemente due ragionamenti in premessa per capire l’importanza dell’istituzione del nuovo Museo voluto dal Governo Meloni.
Prima di tutto: l’assunzione della vicenda delle foibe nel calendario civile non sarebbe stata possibile se non dentro l’offensiva revisionista contro la Resistenza e i “crimini partigiani”, sostenuta da parte importante dell’establishment liberale e “moderato”. Il vittimismo della destra italiana, il mito dei vinti le cui sofferenze sono state cancellate e messe da parte dai vincitori (quindi dagli antifascisti), trovava finalmente spazio esternalizzando il ruolo dei “cattivi” non nei confronti dei partigiani italiani ma di quelli jugoslavi. I fascisti, e gli italiani, trovavano così il ruolo di vittime all’interno del Novecento e non quello dei carnefici.
Anticomunismo e nazionalismo sono infatti inscindibili nella narrazione della destra sulle vicende del confine orientale, cancellando dalla storia i crimini dell’italianizzazione forzata e del fascismo e sovrapponendo lo straniero al partigiano titino e comunista come carnefice e nemico.
In ultimo l’istituzione del Giorno del Ricordo è stata necessaria alla destra italiana per trovare un suo spazio nel calendario civile dove stesse comoda, dove vedesse riconosciuta la propria storia e retorica, tra le date rosse in tutti i sensi sul calendario del 25 aprile e del 1 maggio, e una data difficile come quella del Giorno della Memoria dedicata alle vittime della Shoah e dei campi di concentramento nazisti.
Ora il Museo del Ricordo, preceduto dalla nascita di un’apposita fondazione e dal finanziamento di 8 milioni di euro per tre anni, servirà nell’immediato a costruire una nuova postazione da cui la destra postfascista italiana può costruire la sua narrazione della storia italiana (convegni, borse di ricerca, pubblicazioni, mostre etc). Questo avverrà in un paese che non ha mai cristallizzato in un’istituzione museale la storia del proprio colonialismo (liberale prima e fascista poi), e neanche del ventennio fascista. E in una città, Roma, che attende da più di dieci anni che si realizzi davvero il Museo della Shoah.
Tra qualche tempo la storia del Novecento potrebbe essere così rappresentata nella capitale da due istituzioni, la prima che racconta le persecuzioni naziste e la Shoah, l’altra un monumento al vittimismo italiano, al nazionalismo e all’anticomunismo. È proprio quest’ultimo, l’anticomunismo, l’elemento che la destra dalle prime informazioni sembrerebbe voler meglio valorizzare all’interno del nuovo museo se mai si realizzerà. Il presidente della Regione Lazio Francesco Rocca (il Lazio metterà a disposizione l’immobile e parteciperà alla fondazione), ha parlato di “un luogo-simbolo non solo del dramma vissuto dai nostri connazionali del confine orientale nel corso di tutto il '900, ma ospiterà e farà emergere dall'oblio tutti i ‘ricordi’ cancellati dalla storia. È un dovere morale cui la Regione crede fermamente”. L’impressione è che si tratterà di un museo che servirà a costruire quello che nel nostro paese ancora manca: l’equiparazione tra comunismo e fascismo. Difficile non pensare a come il ministro Gennaro Sangiuliano ha risposto solo qualche giorno fa a un giornalista che gli chiedeva di dichiarsi antifascista: “Ma lei è anticomunista?”.
Piccola bibliografia antirevisonista sulle foibe e confine orientale:
Esuli a Trieste. Bonifica nazionale e rafforzamento dell'italianità sul confine orientale di Sandi Volk
Lager italiani. Pulizia etnica e campi di concentramento fascisti per civili jugoslavi 1941-1943 di Alessandra Kersevan