Benvenute e benvenuti alla puntata numero 6 di S’È DESTRA, la newsletter che ogni settimana racconta i protagonisti, le idee e le culture politiche delle destre in Italia e nel mondo. La scrivo io, che sono Valerio Renzi, in collaborazione con Fandango Libri.
Oggi parliamo di Federico Mollicone, il plenipotenziario di Fratelli d’Italia per la cultura, famoso perché se l’è presa con Peppa Pig e per la sua ambizione.
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Ora iniziamo!
Federico Mollicone è sempre impeccabile. Classe 1970, in forma, capelli sempre in piega ed eleganza ricercata a cominciare dalla montatura degli occhiali. Anche lui è uno di quelli di Colle Oppio, di quel gruppo dirigente formatosi a cavallo tra la fine delle ideologie e l’ortodossia neofascista, che oggi governa il paese. Già Gabbiano, da tempo è molto vicino a Giorgia Meloni.
Mollicone ha il pallino della cultura, di quella cultura “alta” che è un capitale da spendere in politica e in società. Il suo presenziare a teatro, alle prime e alle anteprime, ai vernissage e alle inaugurazioni, è allo stesso tempo una patente di legittimità, quanto uno sfoggio e un esercizio di potere. Mollicone è dai tempi in cui era consigliere comunale a Roma che si occupa di politiche culturali, dedicandovi un ampio sforzo.
Nella scorsa legislatura ha fondato e coordinato l'intergruppo parlamentare Cultura, Arte e Sport, con cui promuove eventi, mostre e convegni; nell’attuale legislatura, non più all’opposizione ma al governo, ha conquistato la presidenza della Commissione Cultura. E da questa postazione ha iniziato a mettere bocca su tutto, soprattutto su nomine e poltrone, come raccontano le cronache di queste ore.
Negli scorsi mesi ho seguito l’annosa vicenda della Fondazione Teatro di Roma, dove è stato proprio Mollicone a guidare l’elezione di Luca De Fusco. Il sistema del teatro italiano è “governato” da una consolidata rete di relazioni, in cui operano alcuni attori dentro e fuori il ministero della Cultura. Possiamo riassumerla così: un polo è rappresentato da Gianni Letta, a lungo il vero dominus del sistema di nomine di direttori e amministratori delegati dei teatri stabili, l’altro da figure più o meno intercambiabili vicine al Partito Democratico o al centrosinistra.
Con la nomina di De Fusco, e nonostante il comune di Roma sia di gran lunga il maggiore finanziatore di Teatro di Roma, Mollicone fa la sua mossa e mette le cose in chiaro: ora le nomine non si trattano più con i Mandarini del PD, ora il Mandarino è lui. Dalla trattativa vengono tagliati fuori i dirigenti del centrosinistra e il comune a guida PD. Ne nasce un gran trambusto, ma alla fine tutti più o meno si adattano alla nuova realtà (il problema si risolve raddoppiando le poltrone), mentre delle denunce di mobbing e molestie da parte di lavoratori e lavoratici del teatro non se ne occupa nessuno.
Quando a maggio 2024 viene presentata la nuova stagione teatrale sul palco ci sta proprio lui, Federico Mollicone, a esibirsi a testa alta imponendo la sua presenza, a rivendicare il suo ruolo. Una presenza tutta politica, per un deputato che non ha ruoli di governo, su un palco dove ci sono gli assessori della Cultura di Roma e Regione e i vertici del teatro.
De Fusco è un vecchio socialista, ma è soprattutto un conservatore in ambito artistico e un conformista in campo politico. Sostenendo la sua figura il nuovo Mandarino ha un obiettivo chiaro: togliere spazio a qualsiasi sperimentazione, proporre un canone teatrale classico, imbrigliare il contemporaneo cancellare qualsiasi poetica che sembri queer. Non avendo nomi di area per la direzione del teatro, Mollicone si è affidato all’usato sicuro. Quando al Teatro India sotto la direzione di Francesca Corona si erano aperti inediti spazi sia per poetiche contemporanee che per la fruizione del teatro di Ostiense, Mollicone era andato su tutte le furie con comunicati in cui denunciava come l’India fosse “ridotto a un centro sociale”.
Nonostante le arie da grande intenditore di arte, nonostante le denunce dell’amichettismo di sinistra, alla fine l’azione del Mandarino si riduce più o meno a questo: escludere le novità, non deviare dal canone, e gestire quanto più potere possibile.
Al convegno “Pensare l'immaginario italiano”, presentato come gli stati generali della cultura di destra, Mollicone spiega in un breve discorso (si può ascoltare qui) la sua idea di strategia culturale per la destra, largamente condivisa dal suo partito e ampiamente propagandata, molto simile a quella presentata dal ministro Alessandro Giuli nel suo ultimo libro (ne ho parlato qui).
Prima di tutto è chiaro che c’è necessità di “liberare la cultura da una visione stratificata politicamente corretta”, e poi “di liberare la cultura da decenni di egemonia della sinistra”. Cita Antonio Gramsci, e fa la lezioncina per la quale secondo il padre nobile del PCI la conquista dell’egemonia culturale precede la conquista del potere politico, e poi cita lo stesso Gramsci quando dice che l’egemonia “avviene attraverso l’azione di intellettuali organici infiltrati in tutti i mezzi di comunicazione, di espressione e nelle università”. Per Mollicone è esattamente quello che è avvenuto ma ora il compito della destra non è “contrapporre a questa egemonia una nuova egemonia di una parte sull’altra”.
“La nostra parola simbolo non è egemonia ma sintesi”, una sintesi in cui ci sia spazio per tutti, anche per gli esclusi, per una cultura davvero nazionale e non di parte. Come farlo? “C’è bisogno di una politica culturale conservatrice tramite eventi, ricorrenze e istituzioni, esaltando la dimensione di condivisione e comunità. Altra parola chiave che caratterizza la cultura italiana”. E che vuole dire nei fatti? Cambiare le regole con cui si danno i soldi del ministero. “Nuove regole” dice Mollicone, ma soprattutto “nuove commissioni di valutazione”, perché “qualcosa deve pure cambiare in questa Italia dove tutto è immobile, e anche quando vince un governo di centrodestra sembra governare un un governo di centrosinistra”, scandisce tra gli applausi del pubblico. Poi una citazione di Ezra Pound a cazzo di cane, bisogna “trasformare le idee in azione”.
Oggi che è passato più di un anno sappiamo cosa intendeva Mollicone: dopo aver bloccato l’industria cinematografica appesa alla riforma del tax credit, sappiamo che a beccare i soldi saranno i progetti che valorizzano la storia e la cultura italiana. Una bella fiction sulle foibe, per dire, ah no quella è stata già fatta! Perché non un bel racconto di El Alamein dove i nostri soldati hanno “difeso la libertà”?
Non che tutto andasse bene prima, l’eliminazione del Mandarinato in sé per sé non sarebbe una cattiva notizia, se non portasse a un nuovo Mandarinato che ha il solo obiettivo di tenere fuori dalle istituzioni culturali e dai finanziamenti qualsiasi novità artistica. Perché questa “cultura italiana” che tanto piace a Mollicone si riduce per lo più a propaganda nazionalista mal scritta, e alla riproposizione di un canone classico (Vogliamo fare Pirandello come si è sempre fatto Pirandello, che diamine!).
E qui si evidenzia una debolezza di questa destra ossessionata dalla cultura e dal marxismo culturale: non ha una poetica da presentare al pubblico oltre l’esaltazione del tricolore, che rischia di essere un po’ noioso. Mentre ha formato pattuglie di giornalisti e opinionisti pronti a ingaggiare la battaglia e la polemica politica, non ha dalla sua cantanti e attori, e ben pochi manager e organizzatori culturali. E non è un caso. Ma intanto Mollicone farà di tutto perché la commedia greca non venga snaturata e per tenere fuori da cinema, teatri e musei qualsiasi cosa non abbia sopra diverse dita di polvere.
Ps. ecco due brevi esempi di quanto detto, con le parole di Mollicone
Ecco cosa intende Federico Mollicone con liberare la cultura dal “politicamente corretto”.
È inaccettabile la scelta degli autori del cartone animato Peppa Pig di inserire un personaggio con due mamme. Ancora una volta il politicamente corretto ha colpito e a farne le spese sono i nostri figli. Ma i bambini non possono essere solo bambini? Come ha dimostrato recentemente Giorgia Meloni siamo e saremo sempre in prima linea contro le discriminazioni, ma non possiamo accettare l'indottrinamento gender. Per questo chiediamo alla Rai, che acquista i diritti sulle serie di Peppa Pig in Italia col canone di tutti gli italiani, di non trasmettere l'episodio in questione su nessun canale o piattaforma web. (9 settembre 2022)
Cosa intende Federico Mollicone quando parla di “sintesi” nazionale e della valorizzazione della cultura nazionale condivisa, si mostra con chiarezza quando parla della Strage di Bologna assolvendo i neofascisti:
Non possiamo accettare come dogmi sentenze che non stanno rispettando le garanzie di un giusto processo. È ora di farla finita con questa ipocrisia. Era chiaro dall’inizio del processo a Bellini, criminale conclamato e collaboratore dei servizi e del procuratore Sisti, e che mai ha avuto a che vedere con noi, che l’obiettivo di parte della magistratura fosse quello di accreditare il teorema per cui nel Dopoguerra gli Usa, con la loggia P2, il neofascismo e perfino il Msi avrebbero, con la strategia della tensione e le stragi, condizionato la storia repubblicana. (Intervista a La Stampa del 4 agosto 2024)