Ebreo sovranista vs Ebreo cosmopolita
Israele è un modello per la destra identitaria e sovranista. La stessa destra che continua a utilizzare i luoghi comuni dell'antisemitismo del complotto contro i suoi avversari.
La destra postfascista italiana e Europea sostiene con forza Israele. Non da oggi, ma da decenni.
Ma cosa rimane dell’antisemitismo che ha segnato così profondamente l’esperienza dei fascismi europei?
E perché le destre hanno elevato lo Stato Ebraico a modello?
Proveremo a rispondere a queste due domande mentre il conflitto tra Hamas e Israele sembra essere solo alle battute iniziale, e la conta dei morti solo all’inizio.
Questa è la puntata ventidue di S’È DESTRA, la newsletter che ogni venerdì racconta l’Italia al tempo del governo della destra-destra. È realizzata in collaborazione con Fandango Libri, la casa editrice del mio libro Fascismo Mainstream, in cui sono approfonditi alcuni dei temi di questa uscita.
Se ancora non l’hai fatto:
Destra e Israele: dalla Guerra Fredda alla war on terror
A partire dagli anni Sessanta la destra europea e statunitense ha gradualmente cominciato a sostenere Israele nei conflitti con i suoi vicini arabi. Lo ha fatto principalmente seguendo la logica della Guerra Fredda: il nemico del mio nemico è mio amico, quindi in chiave anticomunista. Questo vale soprattutto per i partiti istituzionali. Certo non mancherà il permanere più a lungo di un esplicito antisemitismo (che si traduceva in slogan filo arabi) nella destra neofascista.
Questa sarà la posizione in Italia del Movimento Sociale Italiano (ne ho scritto qua alcuni giorni fa), nella sua componente maggioritaria. Senza togliere che idee molto diverse prevarranno nella base giovanile e nelle organizzazioni extraparlamentari, in particolare in quelle che sostenevano la “terza posizione” (né con gli Usa, né con l’Urss).
Dopo non sarà l’anti comunismo a dettare il sostegno delle destre a Israele. Con l’11 settembre 2001 a cementare il rapporto ideologico tra la destra israeliana e quella occidentale sarà piuttosto l’islamofobia. Israele diventerà così la prima linea della war on terrorism.
Israele come laboratorio per la destra
Ma è con il tramonto definitivo della prospettiva dei “due popoli, due stati”, e la conseguente espansione del sistema delle colonie con la sconfitta della Seconda Intifida, e l’instaurarsi di un vero e proprio sistema di apartheid (è l’esatta parola utilizzata non da qualche agit prop ma dalle organizzazioni che si occupano di diritti umani), che la destra sovranista e identitaria comincia a guardare a Israele come un vero e proprio laboratorio politico.
La possibilità di avere un sistema formalmente democratico, dove il governo viene dunque eletto votando all’interno di una società ricca di tensioni e contraddizioni, ma che esclude di fatto l’esercizio dei diritti civili e politici a chi è considerato un corpo estraneo su base etnica, culturale e religiosa. È questa la vera posta in gioco nel rapporto tra le destre sovraniste e identitarie e Israele: la legittimità di escludere e alzare muri.
Questo è avvenuto in coincidenza con l’aumentare della forza dei gruppi politici suprematisti e razzisti, culminato con l’ingresso nell’ultimo governo di Benjamin Netanyahu del Partito del Sionismo religioso (in realtà una coalizione di diverse forze di estrema destra, soprattutto sostenute dai coloni) e dai partiti di riferimento degli ultra ortodossi. Uno spostamento così a destra, che ha avuto come effetto quello di spaccare la società israeliana come mai era accaduto prima. Il tentativo di riforma del ruolo della Corte Suprema per risolvere i guai del premier Bibi ha provocato mesi di manifestazioni, e addirittura la mobilitazione di settori delle forze di sicurezza e dell’intelligence.
Mentre la destra religiosa e suprematista copriva i pogrom contro i palestinesi e l’annessione di fatto della Cisgiordania, il “moderato” Likud provava a far saltare i più banali contrappesi tra poteri dello stato previsti nel funzionamento di una democrazia.
Una democrazia illiberale e un’etnocrazia autoritaria: come potrebbe non piacere ad esempio a Salvini e Meloni? (Ma ovviamente di Israele, che è una società complessa e sfaccettata, la destra destra europea prende solo quell che gli fa comodo).
L’ebreo cosmopolita: o l’eterno ritorno dell’antisemitismo
E dell’antisemitismo delle destre postfasciste cosa ne è stato? Tutto perdonato sull’altare del sostegno alle politiche dello Stato Ebraico. Il viaggio di Gianfranco Fini in Israele nel 2003 è stato, per l’erede del partito del firmatario del Manifesto della Razza Giorgia Almirante, il culmine di questo percorso.
Eppure l’ebreo cosmopolita e che trama contro le nazioni dei gentili, continua a essere il calco sul quale vengono costruite le teorie del complotto e la propaganda della destra, non solo quella estrema. Ci sono alcuni casi in cui questa figura si condensa in persone effettivamente di religione ebraica (come George Soros), in altri casi i medesimi topoi della propaganda antisemita vengono utilizzati per i nemici dell’identità e dei confini nazionali. La rappresentazione dell’ebreo come nemico ha trasceso l’identità ebraica, gli stessi luoghi comuni vengono utilizzati per definire le cosiddette “élite liberali”, al di là dell’identità culturale e religiosa.
Quando esplode il meta complotto di QAnon, questo ripropone una delle accuse che hanno fatto la la storia dell’antisemitismo: l’accusa del sangue, ovvero il rapimento a scopo di omicidio rituale di bambini cristiani a opera di famiglie ebraiche. La storia secondo la quale Hillary Clinton fosse al centro di una rete di pedofili satanisti ripercorreva pedissequamente lo stesso copione con risonanze che non sono casuali.
L’antisemitismo della destra si esprime dunque contro l’ebreo della diaspora, simbolo di sradicamento, internazionalismo socialista ed eterno corpo estraneo nella comunità nazionale. Al contrario l’ebreo sovranista è costruttore di uno stato etnico che va ammirato.
Una contraddizione che emerge plasticamente nella storia di come è nato il mito del Soros cattivo. Lo ricostruisce in un articolo magistrale Hannes Grassegger sulla rivista Svizzera Das Magazine (nel link è tradotto in italiano da Internazionale). In poche parole quando il leader ungherese Viktor Orban si trova in difficoltà assume a dirigere la sua campagna elettorale George Eli Birnbaum e Arthur Finkelstein, due ebrei di destra americani, che già hanno condotto campagne vincenti per la destra israeliana dopo aver rivoluzionate la comunicazione politica dei repubblicani. Il metodo messo a punto da Finkelstein nelle campagne elettorali di Nixon e di Reagan, è basato sulla negative campaigning: costruire un nemico e bombardarlo senza sosta, infondere paura piuttosto che fiducia.
Da Israele il “metodo” Finkelstein arriva in Europa, dopo aver garantito il successo a Sharon, Netanyahu e in un ultimo a Avigdor Lieberman. Sono loro a inventare a tavolino il nemico Soros che manovrerebbe contro l’Ungheria, investendo sui vecchi luoghi comuni dell’antisemitismo politico.
In conclusione: l’antisemitismo è uno spartito ancora utile alla destra che propaganda complotti, ed è ossessionata dall’identità nazionale e culturale da difendere dall’immigrazione e dalla sinistra liberal e cosmopolita. Per la stessa ragione lo Stato Ebraico è un esempio da seguire.
Ps. poco prima di andare online con la newsletter, saltando la pausa a pranzo a caccia di refusi, è arrivato Matteo Salvini a darmi una mano per spiegare ESATTAMENTE quello di cui parliamo
Ho trovato la sintesi esaustiva e ringrazio davvero per il rimando all'articolo della Grassegger su Internazionale, è illuminante e risponde a molte delle mie domande sul continuo tirare in ballo Soros.