Bentrovate e bentrovati. Questa è l’uscita numero 29 di questa newsletter, realizzata in collaborazione con Fandango Libri, la casa editrice di Fascismo Mainstream, e dedicata al racconto dell’Italia la tempo del governo della destra destra.
(In questi Fandango Podcast sta facendo un bel festival al Pigneto, si chiama “Ci vuole orecchio” e finisce domani)
Mentre va in onda l’Atreju di governo, un po’ ingessato un po’ noioso, con la solita retorica del dialogo, ma nel rispetto, perché la democrazia è questa cosa qua (un format ereditato da quando la destra postfascista aveva ancora l’ansia di essere sdoganata), volgiamo le spalle alle sale dei dibattiti e vediamo cosa c’è nei giardini di Castel Sant’Angelo.
Della festa di una volta, quella della giovanile di Alleanza Nazionale nel parco di Colle Oppio, dove la sera c’erano i concerti di “musica identitaria” tra saluti romani e fiumi di birra, non c’è più traccia (rimane solo il ricordo di quelle feste della Generazione Atreju, come ormai la vulgata giornalistica chiama il gruppo dirigente formatosi con Meloni).
La parte del leone la fa la grande pista di pattinaggio che spara musica di grandi successi commerciali, poi il grande albero di Natale con le luci bianche.
Il villaggio natalizio allestito attorno alle due tensostrutture che ospitano i panel è fatto di prefabbricati, piccole casette che ospitano gli espositori. Qui mangiare e bere, vince decisamente su quella dell’artigianato, dove si possono giusto acquistare cornetti rossi porta fortuna di varie dimensioni, e qualche pezzo per il presepe.
La parte del food invece è quella a quella di qualsiasi altro mercatino. Un servizio allestito in modo piuttosto asettico, i cui prezzi però a dire il vero sono effettivamente popolari. C’è il pub che vende con pulled pork (7€), lasagna al ragù (6€), cannelloni al ragù (6€), arrosto (8€), contorni a scelta di broccoletti, cicoria, patate al forno, verdure grigliate (tutto a 4€). Per chi volesse l’alternativa vegan con burger a 7€. Birre prezzo standard: Guinnes, ipa, pils tutte a 5€.
Ci sta poi un tristissimo stand di dolciumi e caramelle. Poi la pizza a taglio e due o tre produttori di salumi e formaggi. L’Azienda Agricola Marletta Teresa offre panini a 4€ con salume, formaggio e “recchie de maiale”, 4€ il bicchiere di vino rosso e 3€ il bicchiere di prosecco. C’è poi la pizza alla pala e la pizza “rentorta", piatto tipico del Cicolano in provincia di Rieti. Il buongustaio Renato Fontanella offre poi oltre al del “lardo libidonoso” a 19€ al chilo, offre del vino “speciale del contadino” a “bassissimo contento di solfiti” (Lambrusco e bianco). L’azienda Jasci e Marchesani offre "Quagliatelli” (bean soup with handmade pasta) e Focaccino con Vitello Brasato al Montepulciano o Focaccino Pollo e al Lime e Rucola. Dulcis in fundo, tralasciando qualche altro stand, “Pizza e Mortazza”, must delle ape car che offrono street food nelle notti romane.
Tra gli stand di magna e beve c’è poco poco che lasci spazio alla politica. Giusto lo stand di Gioventù Nazionale, e quello della “Voce del Patriota”, l’organo d’informazione del partito che distribuisce gratuitamente un numero unico. Alla Festa dell’Unità rimane il mito del ristorante dei militanti, quello delle salsicce (o delle salamelle), dove i leader vanno a fare le foto, a tastare l’umore del “loro popolo”, a sentire che si dice e ogni tanto a prendersi qualche rimbrotto. Qua ci si muove solo tra codazzi e codazzi di codazzi, di un partito esploso in pochi anni da poco più del 2% al 20%, dove chiunque era arruolabile in qualche staff è stato arruolato.
A Atreju si mangiano le stesse cose che si mangiano ovunque, l’unica certezza è non trovare un Bao, un kebab, un ramen, per carità! Il nazional popolare si è mangiato l’identità, che rimane nelle felpe azzurre da “volontario” dei ragazzi e delle ragazze di Azione Studentesca e Gioventù Nazionale, chiamati a fare da sfondo ai dibattiti dei “grandi”.