Se Acabó La Fiesta: il populismo digitale vira all'estrema destra
Eccoci qua con una nuova uscita di S’È DESTRA, la newsletter sull’Italia (e non solo) ai tempi del governo della destra-destra, in collaborazione con Fandango Libri.
La scorsa settimana abbiamo parlato del congresso di Alternative für Deutschland con l’inviata di la Repubblica Tonia Mastrobuoni, oggi parliamo invece del successo alle scorse elezioni europee della lista Se Acabò la Fiesta di Alvise Peréz, vera novità del voto spagnolo. Lo facciamo con un’intervista a Steven Forti, professore di Storia Contemporanea all’Università Autonoma di Barcellona, e autore di Extrema derecha 2.0. Qué es y cómo combatirla (Siglo XXI Editores).
Per l’agenda vi segnalo che il prossimo 11 luglio sono alla Festa dell’Unità di Roma a presentare il mio Essere Tempesta. Vita e morte di Giacomo Matteotti, un libro per ragazzi e non solo sulle idee, le lotte e la morte del leader socialista assassinato 100 anni fa dal fascismo.
Ora iniziamo!
Ascolta l’intervista con Steven Forti:
C’è stato un tempo, non molto lontano, in cui noi giovani attivisti italiani di media indipendenti e di contro informazione, si andava in Spagna a imparare i rudimenti della tecnopolitica dopo la stagione delle acampadas e degli Indignados, che avevano avuto proprio nell’utilizzo dei social network uno dei loro punti di innovazione. La cosa più bella erano questi grafici che disegnavano rizomi di interazioni, hashtag, parole chiave e esplosioni di tweet e post, che raccontavano la potenza di usare internet per organizzarsi insieme e costruire un racconto collettivo.
Sono passati pochi anni, ma i social network e internet sono diventati luoghi del tutto diversi con altre regole del gioco, ma soprattutto sono utilizzati con efficacia non solo dai rivoltosi delle piazze delle primavere arabe o dai movimenti collettivi da Plaza del Sol a Gezi Park. Internet e i media sociali sono da tempo efficaci strumenti di mobilitazione anche per la destra, e oggi producono nuove voci, leadership e forze politiche reazionarie.
Proprio dalla Spagna arriva una delle sorprese a destra dell’ultima tornata elettorale: Se Acabó La Fiesta, ovvero La Festa è Finita, che ha raggiunto uno stupefacente 4,6%, ovvero circa 800.000 voti, più di Sumar e più di Podemos, le due liste della sinistra spagnola. Il movimento, il cui simbolo è uno scoiattolo che indossa la maschera di Guy Fawkes, simbolo di Anonymous a voler subito legare il suo immaginario all’antagonismo nativo di internet, è stata organizzata e promossa dal trentaquattrenne Alvise Peréz. Se Acabó La Fiesta ha così conquistato tre seggi all’europarlamento, uno dei quali per il suo leader che ha fatto una campagna forte quasi esclusivamente grazie a Telegram (il suo canale ha oltre mezzo milione di iscritti), e poi naturalmente Instagram, Youtube, Tik Tok.
Peréz propone una miscela esplosiva di lotta contro la corruzione e la partitocrazia, che mette tutti i partiti allo stesso modo nel mirino (grazie a una fitta rete di collaboratori volontari ha anche sollevato diversi casi di supposta corruzione), e forsennato giustizialismo, coniugato a temi più classici della destra spagnola come le campagne contro l’aborto e l’ostilità all’indipendentismo, ma anche discorsi contro il femminismo, la dittatura del politicamente corretto e ovviamente l’immigrazione. Nei suoi post e discorsi chiede il pugno duro contro la criminalità e pubblica continuamente le foto di sospetti criminali in attesa di giudizio (in particolare quando sono cittadini migranti).
Possiamo sintetizzare la carriera politica di Alvise Peréz, al secolo Luis Pérez Fernández, in poche righe: la sua prima affiliazione politica ufficiale è al partito di Union Progreso y Democracia, una fallimentare ed effimera scissione del PSOE quando è ancora un liceale. A 22 anni vola a Leeds Uk. Qui inizia a occuparsi di comunicazione e non termina gli studi di scienze politiche con un’università online. Trova impiego come addetto alla comunicazione dell’Istituto Cervantes, che si occupa di promuovere la cultura e la lingua spagnola all’estero, e inizia la sua militanza nella Gioventù Liberale (la sezione giovanile del partito Liberal Democratico. Da qui transita in Ciudadanos.
Nel 2017 inizia a lavorare in politica: per il partito diventata capo di gabinetto a Valencia di un parlamentare. Quando Ciudadanos scompare dalla scena politica le ambizioni politiche del nostro, fino a questo momento una terza fila, si trasferiscono dagli staff politici a internet dove trova sempre maggior visibilità.
Il salto di qualità arriva con la pandemia di Covid-19, quando trova una sua audience sempre più larga grazie all’opposizione alle misure di contenimento del virus e diffondendo notizie del tutto infondate. Nel marzo del 2020 su Twitter sostiene che l’ex sindaca di Madrid avesse ricevuto un respiratore a casa “per evitare di recarsi in un Ospedale Pubblico e mettersi in fila come il resto degli spagnoli". Non c’era niente di vero, e il suo account viene sospeso.
Dalle fake news alle campagne contro i politici, Peréz trova spazio e pubblico grazie alla mobilitazione che esplode in Spagna contro l’amnistia nei confronti degli indipendentisti catalani e contro il premier Pedro Sanchez, esplosa lo scorso novembre durante le trattative per la formazione dell’esecutivo. Una piazza di destra, che sfocia anche in violenza, dove si trovano Vox e il Partido Popular, ma anche gruppuscoli neofascisti e ultras.
Nelle ultime settimane Peréz sta portando avanti una campagna contro Vox e la sua leadership. Lo scorso mese ha raccontato che i dirigenti del partito dell’estrema destra e il suo leader Santiago Abascal, di cui vorrebbe mangiarsi i voti, ricevevano un bonus di 54mila euro a testa e che Abascal avrebbe uno stipendio a vita dalla Fondazione Disenso, alla quale sarebbero stati dirottati 11,4 milioni di euro dal partito.
Lontano da voler normalizzare la sua figura in un sistema di alleanze politiche, Peréz sembra credere fortemente che la sua crescita è appena all’inizio, e guarda ai modelli del presidente dell’Argentina Javier Milei e quello di El Salvador Nayib Bukele. In Spagna il populismo digitale vira all’estrema destra.