Attenti arrivano i maranza! Note sul 25 aprile 2024
Benvenute e benvenuti all’uscita di S’È DESTRA di questo sabato 27 aprile. Se è la prima che capitate da queste parti state leggendo una newsletter settimanale che racconta l’Italia ai tempi del governo della destra destra.
Oggi non possiamo che parlare del 25 aprile. Se lo scorso anno avevamo parlato della Festa della Liberazione soprattutto raccontando come la destra postfascista intendesse smarcare la faccenda utilizzando diverse strategie (riassumibili in: vittimismo, affollare il calendario, partigiani cattivi e antifascisti assassini), oggi rifletteremo insieme su quello che accaduto nelle piazze di Roma e Milano.
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Abbiamo detto tutto: ora iniziamo!
Per l’accademia della crusca dicesi maranza: “Ragazzo o, meno freq., ragazza, che appartiene a gruppi di giovani che condividono e ostentano atteggiamenti da strada, particolari gusti musicali, capi d’abbigliamento e accessori appariscenti e un linguaggio spesso volgare”. Il termine è andato affermandosi negli ultimi anni due anni, in particolare con riferimento a comitive di ragazzini adolescenti dell’hinterland di Milano, per lo più di origine nordafricana e di seconda generazione. Li raccontano come tutti trapper in erba, arroganti e che si muovono in branco (vedi le cronache dei maranza “all’assalto” del Lago di Garda dell’assalto nel 2022).
Il 25 aprile a Milano i maranza si sono presentati sulla scena della politica. Una comitiva di ragazzini, sventolando bandiere palestinesi, fuori da ogni riga e organizzazione politica, al passaggio della Brigata Ebraica si sono sono lanciati alla contestazione dello spezzone. Prima se la sono presa con il cordone di sicurezza dei volontari di City Angel, poi con la telecamera del reporter di Local Team che trasmetteva in diretta. Infine sono stati fermati dalle forze dell’ordine e, almeno uno da quanto ho visto, è stato tratto in arresto.
La “contestazione” della comitiva di maranza, a petto nudo e talmente sguaiata e pre politica, è stata trasformata dai media in “momenti di grande tensione”, e sui social ha prodotto invettive razziste, con il richiamo a sproposito all’immigrazione islamica e ai pericoli dell’invasione e delle seconde generazioni non integrabili. Parliamo in tutto di dieci ragazzini, uno dei quali avrebbe estratto un piccolo coltello ferendo superficialmente a un braccio un uomo.
Il canale di estrema destra Visegràd 24 ha raccontato così l’episodio dei Maranza in Piazza Duomo postando un video con la seguente: “Migrant attack pro Israel march”. Se questo è stato possibile è perché una parte delle forze sedicenti liberali del nostro paese hanno scelto di sposare ormai da tempo le ragioni del suprematismo occidentale. È quello che Lorenzo Zamponi ha chiamato su Jacobin Italia Backlash Conservatore, e che quotidianamente Paolo Mossetti racconta su X con la locuzione “centro radicalizzato”. Il sostegno alla Brigata Ebraica, e la sua legittimità di sfilare il 25 aprile, diventa così il sostegno a qualsiasi politica in difesa di un Occidente assediato contro il Sud Globale. Diventa così anche il modo di fare la propria battaglia dentro una piazza, come quella del 25 aprile, che invece l’Anpi ha avuto la capacità di far parlare di pace e di cessate il fuoco.
La tendenza di alcune aree politiche a ripudiare ogni rapporto con l’antifascismo di matrice socialista e comunista, a favore di un antifascismo contro “ogni totalitarismo”, e soprattutto che serve a ribadire la superiorità occidentale, già lo avevamo visto all’opera alcuni anni fa con risultati tragicomici. Il 25 aprile del 2017 il PD di Matteo Renzi vestì tutto questo di “europeismo”, dando vita a uno spezzone dove i richiami alla Resistenza e alla lotta partigiana erano stati sostituiti da slogan un po’ ridicoli come “nel blu dipinto di blu” e “Blue Da Ba Dee”, con riferimento alla bandiera europea, e i partigiani scomparivano a favore di un Pantheon di riferimenti discutibili, a cominciare da Coco Chanel che fu una collaborazionista del nazismo.
Archiviato il tentativo di un 25 aprile postideologico con lo spezzone “tutto blue”, la guerra in Ucraina prima il massacro in corso Gaza dopo, hanno riacceso lo scontro e le polemiche. Ieri a Milano non è successo tutto sommato niente di che: la comunità palestinese e alcuni settori della sinistra radicale hanno contestato a distanza la presenza della Comunità Ebraica che però va detto, lungi dal rivendicare una partecipazione e ai valori condivisi della Resistenza, organizzava dietro le sue bandiere tutto quel liberalismo radicalizzato che difende le politiche di estrema destra di Benjamin Netanyahu e la corsa al riarmo. Uno spezzo che dunque manifestava delle ragioni politiche alternative a quelle della piattaforma promossa dagli organizzatori.
Nota Bene: l’Anpi ha sempre difeso la presenza della Comunità Ebraica all’interno del corteo.
L’Anpi credo abbia avuto la lucidità (nonostante qualche scivolone), di sottrarsi alle culture wars innescate da chi non ha tanta voglia di cantare Bella Ciao né di contribuire a una festa egemonizzata dagli ideali egualitari e progressisti e dai simboli sinistra, ribadendo i suoi ideali di pace e la necessità di rafforzare la legalità internazionale scritta dalle democrazie dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. Soprattutto ha ribadito che il 25 aprile è la festa dell’antifascismo, e soprattutto delle antifasciste e degli antifascisti, che provengono da culture politiche diverse e che possono avere opinioni diverse su molte cose senza scomunicarsi a vicenda. Insomma che se c’è da fare polemica con qualcuno è con chi la parola “antifascismo” non la vuole pronunciare, con quella destra che proprio al massimo è “afascista”. Un messaggio che è stato recepito dalla maggioranza della società civile che ha sfilato a Milano cercando il minimo comune denominatore, provando a disinnescare tensioni impossibili da nascondere.
Se questa era Milano spostiamoci ora a Roma, dove la giornata è iniziata con l’annunciata contrapposizione di Porta San Paolo. Se nel grande corteo del 25 aprile di Milano le tensioni attorno alla presenza della Brigata Ebraica sono state sempre riassorbite all’interno di una manifestazione a carattere nazionale e dai numeri imponenti, nella capitale da alcuni anni - dopo tira e molla e contestazioni - questa non partecipa più alle celebrazioni del 25 aprile. Una scelta forse più coerente di quella di Milano, visto e considerato cosa scrive l’Ucei dei rapporti da tenere con le forze politiche, sindacali e associative progressiste e democratiche.
Il 25 aprile della Comunità ebraica di Roma si svolge così tra Porta San Paolo, dove separatamente della convocazione dell’Anpi depone una corona di fiori, e una successiva manifestazione a via Tasso, di fronte al Museo storico della Liberazione. Momenti partecipati anche da quelle forze del centro radicalizzato che non stavano più evidentemente a proprio agio in un piazza “per la pace”, e giudicata insopportabilmente di sinistra.
Giovedì questa nuova prassi di cerimonie “separate” è stata al centro di un nuovo scontro. Alle 8.00 di mattina era stata convocata infatti la mobilitazione di alcune organizzazioni della sinistra radicale (Usb, Potere al Popolo, Rifondazione e diversi collettivi) e di alcune sigle palestinesi, con l’intenzione di contestare i sostenitori delle politiche d’Israele e la presenza dei sionisti a Porta San Paolo.
Il servizio d’ordine della Comunità ebraica di Roma si è reso responsabile di uno spettacolo grave tra insulti sessisti, minacce di stupro contro le attiviste solidali con la Palestina, aggressioni ai giornalisti, lancio di bombe carta e oggetti contundenti. Più volte il gruppo di squadristi ha tentato di aggirare il cordone di forze dell’ordine per arrivare a contatto con i manifestanti.
Diciamoci la verità: l’impunità di cui godono alcuni ambienti dell’ebraismo istituzionale italiano andrebbe prima o poi discussa, se gli studenti universitari che manifestano pacificamente contro gli accordi con le università israeliane per programmi con possibili finalità militari, avessero fatto un decimo di quanto combinato ieri dal servizio d’ordine della comunità ebraica, sarebbero stati arrestati e brutalmente manganellati. Il 25 aprile poi della radicalizzazione a destra delle istituzione ebraiche italiane, abbiamo avuto solo l’ennesima conferma di un processo che va avanti da almeno vent’anni (e di cui in passato ho parlato qui).
Al termine della mattinata i manifestanti per la Palestina hanno accusato Anpi e Cgil di non aver difeso la piazza. Nei giorni precedenti al 25 aprile non erano mancate le critiche per gli “ambigui vessilli della pace” con cui l’Anpi aveva promosso la manifestazione. Il corteo che ha sfilato da largo Bompiani fino a Porta San Paolo ha in effetti vissuto di un clima molto diverso da quello della mattina, ed è terminato con la lettera di Ilaria Salis letta dal palco dal padre Roberto (a dimostrazione che c’è ancora spazio per un antifascismo che non sia solo trita e ritrita retorica anche nella piazza più istituzionale).
La cosa più interessante però a Roma è ancora una volta accaduta lontana da Porta San Paolo, al corteo che da Centocelle al Quarticciolo ha visto sfilare migliaia di persone, soprattutto giovani e giovanissimi ma non solo. Se non erano 10.000 in corteo poco ci manca. Una manifestazione costruita come alternativa alle ingessature istituzionali del corteo ufficiale, ma anche per allontanarsi dai tira e molla e le polemiche, per poter esprimere una cultura e un sentito antifascista radicale. Per raccontare le storie dei partigiani di Roma, dei gappisti e delle staffette, facendole vivere con urgenza nel presente. In un paese in cui l’antifascismo raramente ha un tratto popolare, istintivo e di classe, vedere i ragazzini delle borgate correre davanti lo striscione, prendere la parola, sventolare le bandiere è forse la cosa più importante e la traccia più importante per il futuro che possiamo raccogliere da ieri. Un corteo quello di Roma Est che, con le tante feste di quartiere, sta contribuendo a scrivere una grammatica antifascista chiara, nuova, coinvolgente. Il corteo più bello della festa più bella.
Ps. Giorgia Meloni e Ignazio La Russa hanno scelto di intrupparsi all’Altare della Patria dietro Sergio Mattarella, coperti dalla parole del Capo dello Stato hanno deciso di non strafare in supercazzole, almeno per questo 25 aprile